"Se si cerca "Khouma Babacar" su Wikipedia, salterà subito fuori la famosa frase di Prandelli che da anni campeggia all'inizio della pagina dedicata all'attaccante senegalese: "Dal punto di vista calcistico, Babacar ha prospettive illimitate". Quello che noi consideriamo ancora un ragazzo però si avvicina alla soglia dei ventiquattro anni, un'età in cui avresti già dovuto trovare le tue dimensioni ma nella quale Billy - soprannome coniato ai tempi del Modena - non ha ancora saputo ritagliarsi uno spazio nella squadra che lo aspetta da varie stagioni.
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L’incombenza di dover diventare Babacar
L'attaccante senegalese è da anni alla ricerca della consacrazione: sono passati sette anni dal suo esordio con la maglia della Fiorentina, ma la media gol non manca
"Un portento nelle giovanili, con quelle aspettative che il mondo viola aveva ritagliato per l'allora sedicenne Babacar: fin dai tempi di Prandelli era in orbita Prima Squadra, ovvero da ben prima che il 14 Gennaio 2010 facesse il suo esordio assoluto in Coppa Italia - da titolare contro il Chievo - segnando subito all'esordio. Chi ben comincia è a metà dell'opera, racconta il saggio, ed in effetti il senegalese divenne il giocatore più giovane nella storia della Fiorentina ad aver segnato tra i professionisti. Due mesi dopo c'è spazio anche per la prima gioia in Serie A nella gara con il Genoa dopo appena venti minuti complessivi nella massima serie. Ma d'altronde le statistiche - in particolare quelle legate alla media gol - sono il suo forte: in questa stagione sono già nove reti in diciotto presenze, la maggior parte da subentrato. Numeri che farebbero pensare a lui come un titolare, o no?
"La storia è ben diversa perché, dopo il periodo con Mihajlovic, il prestito ne La Liga e le esperienze a Padova ed a Modena - quest'ultima quella dell'esplosione - il copione è sempre lo stesso: pochi minuti giocati, ruolo di comprimario e talvolta di riserva, come nel caso dell'arrivo di Kalinic. La continuità, il fattore che ogni allenatore vorrebbe dal suo centravanti, sembra non essere il suo forte: a sua discolpa va un impiego irregolare, con periodi in cui non entra in campo. Lotta, fa a sportellate ma a volte sembra essere insolente: forse è anche questo che gli rimprovera il mondo viola davanti ad alcune prestazioni non proprio all'altezza. Ma Baba c'è e ci prova sempre: quando la squadra non gira, lui si adegua allo standard generale a causa delle sue caratteristiche e la partita contro il Pescara ne è la riprova. Sbaglia spesso, questo è un dato di fatto, ma alla fine una rete la trova sempre. D'altronde è nel suo DNA, è nato per segnare.
"Tra chi ne farebbe a meno e chi vorrebbe vederlo maggiormente all'interno del terreno di gioco per valorizzarlo, il giocatore è arrivato ad un bivio: la permanenza di Kalinic ha chiuso per il momento ancor più le porte e, alla soglia dei ventiquattro anni, è il momento di diventare grandi. Continuare in maglia viola, nella speranza di non dover avere un avversario così ostico in futuro per un posto da titolare, o abbandonare la città ed il popolo che lo hanno cresciuto per consacrarsi definitivamente? Un dilemma che probabilmente si risolve con la voglia di rimanere a Firenze, anche se qualche valutazione andrebbe pur fatta. Non sappiamo se ci saranno società pronte a far follie per lui, neanche se la Fiorentina gli garantirà un ruolo importante a fronte di buoni numeri. Non contano solo le reti, bisogna analizzare nell'insieme l'apporto alla squadra - Kalinic insegna - e Babacar sotto questo punto di vista deve ancora migliorare. L'incombenza di dover diventare Babacar, quel ragazzino che a sedici anni aveva già addosso gli occhi malvagi dell'aspettativa. E vedremo se Prandelli aveva ragione.
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