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La prova del 9

Nella serata delle valutazioni sul suo conto, Babacar ha ribadito ancora una volta: "Io ci sono"

Giacomo Brunetti

"Per carità, era la premessa essenziale alla serata fiorentina: "non giudicare Babacar da questa partita", recitava il comandamento. Difficile però non farlo, soprattutto in virtù della caratura dell'incontro. Troppo annebbiato il futuro viola per non provare a capire quanto il senegalese sia all'altezza di una maglia da titolare. È lui o non è lui, l'uomo giusto per l'attacco? Una domanda che riecheggia nella mente dei tifosi, degli addetti ai lavori ma anche nelle stanze della società.

"Parlano i numeri, parlano i fatti. E, ancora una volta, parlano i gol. Che poi parliamoci chiaro, è quello che ci aspettiamo da un attaccante. Da numero 30 alla prova del 9, quel numero che rappresenta il suo stile di gioco ma non porta ancora sul retro della maglia. Chissà, forse proprio perché negli anni si sono alternati attaccanti di grande valore che lo hanno relegato al ruolo di comprimario. Anzi, magari, proprio quello di riserva. Una rete ogni 111 minuti in stagione: sono infatti 13 i centri di Babacar, rispettivamente 9 in campionato e 4 in Europa League, mentre è rimasto a secco nei 12 minuti giocati in Coppa Italia. Quest'ultima astinenza possiamo concedergliela. In Serie A, i dati parlano invece di una rete ogni 119 minuti, per i quali vanno considerati anche gli scampoli di partita in cui è subentrato.

"I compagni lo aiutano, lui cerca di integrarsi nel gioco e la continuità sembra pagare. Certo, le sue prestazioni non sono sempre brillanti, sicuramente i suoi movimenti sono molto diversi da quelli di Kalinic. Ma alla fine parlano le reti. È la manovra corale che deve aiutarlo, non viceversa. Perché Babacar è un attaccante all'antica ma non troppo: ha in sè anche qualche raggio di modernità, come una tecnica sopraffina per le sue caratteristiche ed una velocità importante se paragonata a mezzi fisici devastanti.

"Tempo fa scrissi "l'incombenza di diventare Babacar", un peso apparentemente massiccio da portarsi dietro: fin dalla tenera età calcistica, il senegalese è sotto gli occhi dei riflettori per la sua precocità, fattore che gli ha messo addosso sempre un pizzico in più di aspettativa. Successivamente, fu il tempo dei "dolori del giovane Babacar", poiché dopo la partita contro la Sampdoria, in un'intervista, fece capire le sue intenzioni per il futuro: spazio, continuità e tra, un anno, quando ne avrà venticinque, le valutazioni. "La Fiorentina mi sta dando tutto ma devo e voglio giocare di più", questo il riassunto. L'attaccante è legato a Firenze, città nella quale è cresciuto, e da parte sua è comunque giusto iniziare a pensare come diventare grande. Beh, dopo ieri sera, i viola hanno forse un indizio in più. La prova del 9, infatti, sembra per il momento essere stata superata.

"Il prossimo anni ci darà il responso sul suo valore: una risorsa da cui attingere o semplicemente un buon innesto in mancanza di un titolare? Babacar intanto ha provato a dire la sua, almeno con le reti, ma il calcio necessita di vari fattori per poterti dare la certezza di essere un giocatore completo: servirà capire le intenzioni del nuovo allenatore, quale sarà il gioco e se lui potrebbe essere esaltato da ciò. Inoltre, quanta fiducia verrà riposta in lui. Le qualità, quelle del finalizzatore, ci sono: c'è sempre da migliorare, il senegalese lo sa e non smette di ripeterlo. Dietro a quella faccia ancora giovane si nasconde però un giocatore che si avvicina al pieno della maturità e che, a ventiquattro anni, vuol definitivamente togliersi l'etichetta del ragazzino pieno di incognite in cerca della consacrazione.

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