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Fiore su Astori: “Era come Moretti, leader silenzioso e maturo da sempre”

"Emiliano Moretti? Abbiamo giocato insieme a Valencia e lui è quel che si dice un leader silenzioso. Astori..."

Redazione VN

L'ex giocatore di Torino e Fiorentina Stefano Fiore ha parlato così a Toronews.net:

Emiliano Moretti? Abbiamo giocato insieme a Valencia e lui è quel che si dice un leader silenzioso, uno che non si è mai permesso atteggiamenti egoistici o sbagliati, anche quando, come nel Torino, è una figura di riferimento. Anche da ragazzino sembrava più grande e maturo di quanto fosse, io l’ho sempre detto. Dava l’esempio in silenzio, allenandosi e non fiatando mai, anche quando veniva considerato poco dagli allenatori. Lui non è uno che ti colpisce in campo, ma è affidabile e quando hai una carriera lunga come la sua vuol dire che gli allenatori apprezzano le doti tecniche, ma anche quelle umane. Emiliano è sempre stato positivo, pronto a fare quello che serviva nei modi e nei tempi giusti e in maniera da essere seguito dal gruppo. Questo aspetto della sua persona credo che gli abbia allungato la carriera. Emiliano è un ragazzo speciale.

Non ho avuto la fortuna di conoscere Davide Astori perché quando lui iniziava a giocare, io finivo. Non ho fatto in tempo a incrociarlo, ma secondo me avrebbe potuto diventare un “Moretti”. Anche lui è sempre stato uno sì ben considerato, ma mai da prima pagina, un ragazzo pacato, non alla ricerca di chissà che cosa. Per motivi drammatici abbiamo scoperto dalle testimonianze di tutti quelli che gli volevano bene che le nostre impressioni erano esatte, che tutti quei valori che si intravedevano dall’esterno, li portava davvero dentro di sé. Abbiamo perso una gran bella persona.

Queste figure nel mondo del calcio sono sempre più rare, in via di estinzione. Un po’ perché le difficoltà fanno emergere chi sei davvero e spesso svelano chi pensa più a sé che al gruppo, un po’ perché i tempi cambiano e le valutazioni sono diverse. Io rimango un romantico e per quanto un cambiamento ci sia stato, anche a livello “genetico” (un calciatore di oggi è molto diverso fisicamente anche solo da uno della mia generazione), ciò che non deve cambiare è l’importanza dei valori umani. Bisognerebbe considerarli di più, perché se è vero che a pallone si gioca coi piedi, col fisico e con la testa, le partite si vincono anche col cuore e le qualità morali. E quelle non si allenano, o le hai o non le hai. Però queste risorse – e non uso un termine a caso – dovrebbero essere sottolineate e valorizzate nei modi e nei tempi giusti. Non solo, come successo con Davide, quando ormai è troppo tardi.

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