A Firenze è un torrido pomeriggio di mezza estate, non una nuvola a proteggere dai raggi infuocati la città. Uno di quei soliti pomeriggi caldissimi, ma in realtà non è così. Perché c’è attesa, trepidazione. E ci sono venticinquemila persone che attendono là fuori sotto il sole cocente. Qualcosa non va sul tabellone del Franchi, l’audio va e viene e cominciano i primi mugugni. “Ma chi se ne frega, tanto prima o poi dovrà uscire”. I vigili del fuoco placano gli animi bollenti della Maratona con potenti getti d’acqua, l’importante è non bagnare cellulari e macchine fotografiche per immortalare il momento. Finalmente esce, il pubblico esplode in un boato quasi fosse un gol, l’attesa è finita. Si può cominciare a toccare con mano il campione che la Fiorentina e i suoi tifosi hanno sempre desiderato. Il 15 luglio 2013 la Fiorentina presentava Mario Gomez. Sono passati esattamente due anni da quel giorno di estasi e delirio calcistico che aveva unito Firenze in un abbraccio bellissimo, amèno, al confine tra sogno e realtà.
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Due anni di Gomez: tra infortuni, attese e rimpianti
Il 15 luglio 2013 il tedesco fu presentato a Firenze, di fronte a 25000 persone. Ma non è andata come tutti speravano
Ma l’amore si sa, non è sempre rose e fiori, e l’incantesimo finisce ben presto. Precisamente al minuto 51 di Fiorentina-Cagliari, terza giornata del campionato di Serie A 2013/’14, quando il portiere rossoblu Michael Agazzi frana sul ginocchio destro di SuperMario che compie una strana torsione e gela il Franchi. Silenzio, smorfie di dolore, applausi. “Lesione distrattiva di 2° grado del legamento collaterale mediale del ginocchio” il responso emesso dalla società viola il giorno dopo. Due mesi, che diventano quattro e mezzo per un’infiammazione alla zampa d’oca e le dubbie cure del santone Müller-Wohlfahrt. Addio alla tanto bramata coppia da capogiro Rossi-Gomez, poiché nel frattempo - il 5 gennaio 2014 - il difensore del Livorno Leandro Rinaudo entra in maniera fin troppo aggressiva su Pepito e anche il suo di ginocchio fa crac. Intanto a febbraio il tedesco rientra, segna due gol contro Juve e Chievo e si rifà male il 23 marzo contro il Napoli, in uno scontro quasi analogo al precedente con Pepe Reina. “È sempre rotto” sentenzieranno i più critici, fatto sta che stavolta la lesione è di 1° grado, Gomez finisce la stagione al San Paolo e guardandosi da casa il Mondiale in Brasile dove la sua Germania trionferà. Il Torero invece è stato matato dalla sua generosità e dalla sfortuna, ma rientra a Moena per il ritiro estivo.
Un po’ appesantito, ma segna quattro gol nel precampionato contro La Fiorita, Kalloni, Estudiantes e Real Madrid - la ciliegina sulla torta di una grande estate viola - che lasciano presagire una svolta. In campionato invece le cose non vanno nel verso giusto, si fa male nuovamente contro l’Atalanta e starà fuori un altro mese. Poi il lento rientro e i tanti gol falliti che alimentano i dubbi sul suo conto. Finalmente si sblocca a Cagliari, si inceppa a Cesena davanti a Leali, comincia a carburare ad inizio 2015 dove segna nove gol tra gennaio e aprile, ma sembra sempre più avulso dal gioco palla a terra di Montella. Il fattaccio poi avviene durante la gara di ritorno di Europa League contro il Siviglia, quando stizzito per non essere entrato, lancia a terra la pettorina. Da lì non metterà più piede in campo, la pazienza del tecnico e dei tifosi è finita. Ora le voci di mercato dalla Turchia dividono Firenze tra chi crede ancora nel rilancio e chi lo sbolognerebbe al primo acquirente. Forse alla fine se ne andrà davvero, ma i rimpianti per non aver goduto del vero Gomez resteranno enormi. Così come resteranno l'ammirazione incondizionata verso l’uomo ed il professionista e la delusione per le performance sul campo. Un amore che non ha ripagato quei venticinquemila cuori viola tutti per lui, che quel pomeriggio di due anni fa attendevano solo che uscisse dal tunnel per poterlo abbracciare.
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