El Pelado è sostanzialmente un difensore silenzioso e impenetrabile, che ha vinto nella sua carriera più titoli di quanti ne abbia vinti la Lazio nella storia, portando scolpiti nel viso i tratti dell’antica etnia indigena charrùa. Su La Nazione Stefano Cecchi ripercorre la carriera di Martin Caceres, segnata da un soprannome che non gli si addice, vista la lunga chioma. Da piccolo la madre decide di rasarlo a zero e i suoi compagni per prenderlo in giro lo soprannominarono El pelado. La cosa lo toccò così nel profondo che da allora non ha mai voluto rinunciare a quella chioma fluente, nemmeno quando alla guida della sua Porsche si schiantò contro l'ingresso di una metropolitana, sfondando con la testa il parabrezza: al medico consentì di cucirgli 30 punti di sutura in fronte ma non di disfargli lo chignon. Ora vuole mettere radici a Firenze, continuando a dispensare "pedate" in campo, nella più tipica tradizione charrùa.
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Caceres, alle origini del Pelado dalla garra charrùa
Il soprannome lo ha segnato, ma lui non rinuncia mai alla sua chioma lunga
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