Buongiorno ragazzi. Oggi faccio una cosa che non faccio mai, ma mi è stata richiesta espressamente da molti amici che si sono persi il giornale di sabato scorso. Qui c’è in ballo una questione affettiva, oltre che una notizia. Quindi vi “rivogo” il mio articolo su Dino Pagliari. Un mito dei miei 18 anni, un uomo fuori format, quindi una persona notevole. Qualcuno magari penserà o scriverà “Pisa me..a”, ma per me Dino è oltre, sempre e comunque.
news viola
Benedetto Ferrara scrive: “Dino drogaci”
Buongiorno ragazzi. Oggi faccio una cosa che non faccio mai, ma mi è stata richiesta espressamente da molti amici che si sono persi il giornale di sabato scorso. Qui c’è …
DINO ama abitare a debita distanza dalla sua piccola leggenda. Perché alla fine non c’ è niente di più conformista dell’ anticonformismo prigioniero di un’ etichetta. È per questo che lui i media li frequenta poco o nulla. Non lo faceva da calciatore, lo fa con una certa fatica oggi da uomo panchina, ma solo per parlare di calcio, o di cose a cui tiene molto, ma non certo del suo passato di calciatore alternativo.
E così ecco che Dino Pagliari, oggi allenatore del Pisa, quello che a Firenze, al tramonto dei ‘ 70, chiamavano Jesus Christ per il look decisamente freak, prende una posizione contro la sentenza di sequestro prevent ivo dell’ ex colorificio liberato di Pisa, uno spazio di incontro culturale, politico, creativo e sportivo, un’ esperienza lunga dieci anni, un luogo recuperato alla vita nel quartiere di Portanuova che definire semplicemente centro sociale non basta. «Mi auguro che le autorità ci ripensino e che tengano in vita l’ ex colorificio liberato. La mia voce si unisce a quella di tutti coloro che chiedono al governo della città di non perdere quest’ esperienza. Conosco le persone che ci lavorano, in quel luogo si sta cercando di costruire una nuova socialità, di intrecciare nuove esperienza culturali, professionali e umane».
Il tempo passa, cambia il paesaggio intorno e cambiamo un po’ anche noi. Però un cuore è sincero mantiene le sue regole.
E quelle di Dino sono semplici: se una causa è giusta è altrettanto giusto metterci la faccia. Perché poi Dino ha visto coi suoi occhi la vita dell’ ex colorificio liberato: le storie, i ragazzi, la grande sfida di chi pensa alla possibilità di andare oltre la logica del profi tto e dei format consumistici. E così la leggenda del Jesus Christ viola torna in prima pagina. E la sua è una bella storia, anche se, come detto, lui non ama farci troppo i conti, soprattutto da quando i giocatori del Ravenna (allora la sua squadra) gli fecero trovare nello spogliatoio una sua foto da giocatore. Dicono che l’ allenatore si mise a ridere, ma poi si ritrovò a pensare che forse il suo passato aveva oltrepassato il confine: una cosa è viaggiare controvento, un’ altra ritrovarsi a vivere da involontario protagonista di una specie di fumetto vintage.
Però Dino era Dino. Che a lui piaccia o no. Biondo, capelli lunghi come la barba incolta, una via di mezzo tra un fratello maggiore di Kurt Cobain e Gesù. E d’ altra parte non era certo un caso se la Fiesole cantava “Lode a te Dino Pagliari”. E anche “Dino drogaci” non era male. La gente gli voleva bene, anche se non era un bomber, anche se Firenze ha conosciuto coppie ben più forti del duo Sella-Pagliari (nella storia resta un gol alla Juve firmato da Dino su passaggio dell’ amico): l’ alternativo marchigiano e il piccolo romanaccio.
Sul loro appartamento a Fiesole si raccontano molte leggende, quelle che ogni studente fuori sede potrebbe trasformare nel proprio vangelo. Ma la vera diversità di Dino non stava tanto in chissà quale trasgressione, ma nel suo scartare di lato luoghi comuni e riti. Lui amava (e ama) il pallone. Punto. E per niente le formalità, tanto che quando gli dissero che la divisa sociale era un obbligo lui la fece cucire dentro il cappotto, in modo da rispettare la regola senza rispettarla. Ma il vero anticonformismo di Pagliari si manifestava in altro modo: firmando i contratti in bianco. O vivendo la passione politica fuori dai marchi ideologici ma dentro la logica delle cause giuste.
Per questo oggi gli brillano gli occhi quando parla del progetto messo su insieme ai suoi amici dello studio Dda architetti: una casa costruita in legno e paglia. E non ha torto Dino a voler restare coi p iedi sull’ oggi e a rifiutare la caricatura di se stesso. Anche se i capelli sono ancora lunghi, se la barba resiste, l’ orgoglio è sempre vivo e il cuore batte sempre dalla stessa parte: lo senti dal tono della voce, quando difende il futuro dell’ ex colorificio liberato, quando mette la sua facciaa disposizione di un’ idea. Con passione. Con sincerità.
the end
Infine una battuta che riassume il campionato italiano. Non è roba mia, ma non so di chi sia. Me l’hanno riportata.
Questa: Il primo settembre del 1939 Adolf Hitler invade la Polonia. Antonio Conte: “E’ solo un episodio”.
Ciao, vostro B.
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