Poteva e doveva essere la sua partita. Serate come quella di giovedì Mario Gomez ne ha vissute tante in carriera. Al Ramon Sanchez-Pizjuan, il tedesco – uno che sa cosa vuol dire vincere – aveva il compito di trascinare la squadra, di mettersela sulle sue possenti spalle e lucidare due anni opachi. Purtroppo, niente di tutto questo è successo contro il Siviglia. Ancora una volta, verrebbe da dire. L’ex Bayern Monaco ha fallito l’ennesima occasione di lasciare un segno tangibile, importante con la maglia della Fiorentina. Il numero trentatré viola, invece, si è sciolto come neve al sole, quello caliente dell’Andalusia. La sua partita, di fatto, è durata cinque minuti, il tempo di sbagliare il gol dell’1-0 a tu per tu con Rico. Da quel momento è come se fosse andata in onda una puntata di “Chi l’ha visto?”. Nessuna traccia di lui, scomparso, mai nel vivo del gioco come troppo spesso gli è accaduto durante la sua avventura a Firenze. Avventura che potrebbe terminare in estate. La sensazione è proprio questa, che il tedesco sia giunto al capolinea con la Fiorentina. Anche perché il suo stipendio – poco più di quattro milioni a stagione – pesa come un macigno sulle casse del club di viale Fanti. Per di più il giocatore sta facendo pochissimo per dimostrare di meritarsi tutti quei soldi. Ieri, ad esempio, c’erano due emissari del Borussia Dortmund a Siviglia, arrivati al Sanchez-Pizjuan per capire se Gomez potesse essere ancora un valido obiettivo di mercato.
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Al capolinea?
A Siviglia, altra partita da “Chi l’ha visto?” per Gomez. Il suo addio a fine stagione sembra sempre più vicino
Gli infortuni, è vero, non gli hanno dato respiro, ma anche quando è riuscito ad avere continuità di rendimento – come adesso – è sempre stato un pesce fuor d’acqua dalla manovra viola. Il centravanti gigliato sembra schiacciato da una responsabilità che non sopporta, nonostante l’illustre passato. Proprio l’eccessiva fragilità mentale del teutonico è stata spesso argomento di discussione di tifosi e addetti ai lavori. Sembra quasi che i titoli conquistati con Stoccarda e Bayern Monaco non lo abbiano rinforzato nel carattere e nella testa.
In tanti l’hanno sempre sostenuto. Ora, invece, la pazienza nei suoi confronti sta finendo. Anzi, per alcuni è già finita. La “novità” sarebbe trovare qualcuno disposto ancora a difenderlo. Com’è cambiato lo scenario da quel luglio 2013, quando Mario fu accolto al Franchi da venticinque mila tifosi sotto un sole cocènte. Sembra sia trascorso un secolo. Non sono passati, invece, nemmeno due anni.
STEFANO NICCOLI
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