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Silvia Berti: ”Con la Fiorentina è finita male perchè…”

L’ex addetta stampa: “Ho pagato la mia amicizia con Prandelli”. E su Mencucci e Cognigni…

Redazione VN

Un silenzio di quasi tre anni, da quando cioè non è più l'addetta stampa della Fiorentina. Da allora dell'ex responsabile della comunicazione viola dal 2002 al 200, Silvia Berti, hanno parlato solo gli altri. Sergente di ferro, addetta stampa burbera e addirittura Mamma Ebe. Ora ha deciso di parlare, raccontando al Nuovo Corriere di Firenze come è finita quella storia d'amore, come la definisce lei stessa, tra lei e la società viola: "Come figlia di un grande tifoso della Fiorentina quando stata assunta dai Della Valle per me è stato come realizzare un sogno ed ho vissuto sette anni fantastici.

Un'esperienza professionale incredibile, ma soprattutto un grande amore" ripercorre Silvia Berti.E allora come mai questo amore è finito addirittura in tribunale?

"Me lo chiedo anche io, ma credo abbiano giocato tanti fattori, anche se in cima è stata messa l'amicizia con Prandelli e per qualcuno questo significava essere sbilanciata verso gli interessi del tecnico. Ma la mia amicizia con lui, che dura immutata tuttora, non comportava niente perché ho sempre fatto gli interessi della Fiorentina, mai dei singoli. E d'altronde l'interesse mio, di Prandelli e della Fiorentina per me erano comuni... Non è forse un caso che prima di Prandelli la Fiorentina abbia rischiato di retrocedere e dopo quasi... Quello di quegli anni è stato un gruppo unico che mirava ad un solo obiettivo: lo scudetto a Firenze".

E chi è questo qualcuno che ha travisato il rapporto?

"In realtà non so dare un nome, ma la mia idea è stata confermata quando Diego Della Valle parlò di Mamma Ebe in conferenza stampa, riferendosi ad una manovratrice di Prandelli. Capii di essere io e rimasti molto male, piansi per tre giorni (...)"."Mario Cognigni mi comunicò l'estromissione dalla Fiorentina. Non me l'aspettavo ma all'inizio la presi quasi serenamente perché penso che un'azienda possa scegliere con chi lavorare, poi capii che ero stata cacciata come una ladra, e senza preavvisi, vada pure in vacanza mi fu detto quando chiesi come ci saremmo dovuti organizzare per il passaggio di consegne. Da allora un silenzio assordante, senza che nessuno mi cercasse, dopo sette anni in cui ho lavorato per loro sette giorni su sette, dalla mattina alla sera. Sono rimasta delusa, per questo ho deciso di tutelare i miei interessi ma soprattutto la mia dignità andando dall'avvocato (la causa si è conclusa ad ottobre con una conciliazione favorevole a Silvia Berti ndr)".

Lei era anche legata a Corvino. Con lui come è andata?

"Mi chiamò subito e lo fece anche alla prima conferenza stampa senza di me perché a tutti e due era sembrata una cosa strana. Ero legata anche alla sua famiglia poi rincontrandolo un giorno invece di abbracciarmi mi strinse solo la mano e capii che il nostro rapporto era cambiato".

Restano due persone, l'ad Mencucci e il presidente Cognigni.

"Mencucci lo conosco dai tempi dell'Università, ci siamo sempre definiti amici, forse esagerando, soprattutto da parte mia. E' una persona disposta a tutto, innamorata sì della Fiorentina ma soprattutto di sé stesso e della notorietà. Cognigni è un uomo di qualità ma troppo rigido e nel calcio questo non dà vantaggi. Ci mette passione ma non è adatto alla presidenza perché il calcio ha delle regole proprie e non possono esservi applicate altre. Ad esempio non si possono trattare i giocatori come semplici dipendenti. La prestazione del giocatore non dipende solo dallo sforzo fisico ma consiste anche nel credere in quello che si fa e nel gruppo, dirigenti compresi. Guardi il caso Montolivo. Il calcio è sentimenti, non numeri o altro e questo ha incrinato il rapporto prima con me, poi con Prandelli. I dirigenti vivevano ai margini, non sono mai riusciti ad integrarsi nel gruppo e le gelosie personali hanno poi svolto un ruolo importante".

Il Nuovo Corriere di Firenze