Quando Montella ha detto «sono fiero della mia squadra», in tanti hanno pensato una cosa del tipo «e noi siamo fieri di te». Se questa Fiorentina stupisce è perché c’è un ragazzo con gli occhi timidi e il cuore coraggioso che ama sorprendere tutti e forse anche un po’ se stesso. Vincenzo Montella è un artista pragmatico, un guerriero zen, un fratello maggiore che sa gestire muscoli e umori di ragazzi poco più giovani di lui: i suoi giocatori. Come dice Borja Valero, anima di questa squadra “diversa” per definizione: «Montella è ancora un po’ giocatore. E gli basta uno sguardo per capire come stiamo e cosa possiamo dare in campo». Un compagno, sì. Ma di quelli che si sanno far rispettare.
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Sulla scia dell’aeroplanino si vince
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
Se vuoi crescere segui la scia dell’aeroplanino e vedrai che qualcosa succede. Basterebbe l’esempio di Ljajic per capirlo. Il fatto che poi non per tutti esista la gratitudine è un altro discorso. Ma d’altra parte questa Fiorentina ha dei valori, tecnici e umani. La forza del gruppo è proprio quella di provare a tenerli sempre vivi e sempre insieme: così gli obiettivi comuni hanno sempre il sopravvento sulle questioni personali, così la ricerca dei meccanismi perfetti e della mentalità da grande aiutano anche i giovani a trovare spazio e a sentirsi protetti da un’anima condivisa, comune. E per l’obiettivo comune si incoraggia e si lavora su Neto (cambiando anche il preparatore dei portieri), si prova a rimettere in carreggiata (è proprio il caso di dirlo) Vargas, si lanciano Wolski e Bakic, si crede in Matos. Coraggio, tanto. Ma anche amore per la scienza del pallone. Perché Montella crede nel lavoro collettivo.
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