Il dt viola Eduardo Macia parla della sua avventura con la Fiorentina: "Per festeggiare i due anni in viola mi regalo Firenze una città che mi fa impazzire ed ora che conosco voglio farci una bella passeggiata per dialogare con lei e le persone che ci vivono. A volte si scopre una città solo quando si va via, io non voglio fare questo errore. Il mio pensiero è stare qua, mi piace identificarmi nella Fiorentina e ci resterò fin quando la proprietà mi riterrà utile. D'altronde Firenze l’ho preso come un segno del destino: il giglio simbolo di questa città in Spagna è il fiordelys che è anche simbolo del villaggio dei miei nonni, Llombay e Catadau. Ero predestinato insomma. Nelle altre città dove ho vissuto a volte aprivo la porta di casa e trovavo solo silenzio, a Firenze invece mi organizzo, vado a cena con gli amici o a vedere la partita a casa di qualcuno, o ancora a cena con Daniele Pradè e il mister, con i quali parliamo delle nostre vite, dei problemi, di cose simpatiche, ci raccontiamo aneddoti del nostro passato. Io e Daniele siamo due dirigenti che sanno gestire il calcio ma anche persone che si confrontano e parlano di tutto per ore. Forse è questa la nostra forza insieme al fatto di avere a che fare con una dirigenza viola capace, con la quale si pensa sempre a come migliorarci. Con loro c’è rispetto, dialogo, scambio di idee.
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Macia: “Firenze unica, sogno un trofeo con la Fiorentina”
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I miei collaboratori? A me piace dare loro responsabilità e libera iniziativa perché solo così posso avere il loro meglio - ha dichiarato Macia al Corriere Spione -. Sono arrivati Hansen, Vicki Pappa e Stefano Desideri perché cercavamo persone forti, di alto livello ma ho visto crescere molto anche chi c’era già, Bonelli, Daniela, Vergine, Niccolini e Cappelletti… tutti capaci nel loro ruolo. Se ho rivisto Corvino? Non c’è stata occasione anche perché penso volesse staccare la spina per riprendere fiato, ma ho un profondo rispetto per il grande dirigente di calcio qual è, dal quale ho imparato molto, come faccio da chi ho intorno. Spesso vado a piazzale Michelangelo, da dove posso scrutare la bellezza di Firenze e rilassarmi. A Firenze ho trovato amici veri, che mi fanno sentire un fiorentino e che mi chiamano per nome, Eduardo, e non direttore. Oddio, i più mi chiamano Edoardo a dire il vero, ma va bene lo stesso. Il rapporto con i tifosi? Corretto, inoltre mi piace molto la passione del fiorentino, unica come la città. Mi piace stare vicino alle persone, non è che io viva in un mondo diverso dal loro. La vita è fatta di rapporti diretti e mi piace pormi nello stesso modo con il tifoso semplice o con il sindaco.
Renzi? quando lo vedo esultare allo stadio penso che non sia il sindaco -scherza- è un grande tifoso, passionale e una persona con le idee giuste per i tempi moderni e tanta voglia di fare. La gara contro il Napoli? Il calcio è un mondo in cui non esiste giustizia, nel senso che non sempre vince chi gioca meglio e devi sempre mettere nel conto l’errore di un attaccante come di un arbitro. Il calcio è come il fuoco, non devi stare troppo lontano altrimenti non ti scalda ma neanche troppo vicino, altrimenti ti bruci, e per questo serve equilibrio mentale. E comunque vada il lavoro deve continuare ed è proprio la fiducia in quello che abbiamo fatto e che faremo che mi fa stare sereno e mantenere la calma. Ho apprezzato ad esempio il comportamento di Montella a fine gara. Un trofeo con la Fiorentina? Siamo ambiziosi e stiamo facendo un buon lavoro soprattutto per assicurare un futuro di stabilità, ma ci spero eccome, anzi lo sogno perché a volte i sogni si avverano".
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