Ha preso la parola dopo anni di silenzio, dopo aver rimediato una condanna in primo grado nel corso dell'inchiesta calciopoli. Aula 314, parla Diego Della Valle, che punta l'indice contro il metodo investigativo che lo ha portato sul banco degli imputati. Ma che rimarca anche un punto di distacco rispetto al sistema del calcio processato proprio dalla Procura di Napoli. Come a dire: "La Fiorentina era fuori da quel sistema in cui tutti chiedevano tutto".
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DDV su Calciopoli: “Fiorentina fuori dal sistema”
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Ma andiamo con ordine, a ripercorrere la deposizione di Della Valle dinanzi alla sesta penale. Il patron della Fiorentina ricorda le presunte forzature mediatiche e svela che l'incontro cardine che gli viene contestato, in un albergo di Firenze con Bergamo e Mazzini, fu una semplice colazione di lavoro, come emergerebbe da alcune intercettazioni innocue, che non sono comparse negli atti del processo (...) "C'è stata una forzatura mediatica enorme, un indirizzo mediatico enorme. Poi ho visto che la mia persona, mio fratello e la fiorentina incanalata nel ruolo di una società partecipe di quello che viene definito un sistema. Noi ci siamo trovati a subire un processo sportivo offensivo per la sua velocità, per la tanta approssimazione, immagino in buona fede, ma l'indirizzo mediatico potentissimo. Poi arriva il processo di Napoli, dove ci viene detto che la fiorentina che aveva una condizione di contrasto con l'establishment di allora, la Fiorentina - così ci viene detto - avrebbe chinato la testa e si sarebbe adeguata".
"A fronte di errori arbitrali continui, si alzarono spesso i toni, tanto che lo stesso Zoff che non è un sobillatore, disse di essere preoccupato per ciò che accadeva. Innocenzo Mazzini, persona di primo ordine, ci venne a dire che era bene non avere contrasti, ma cercare in modo positivo di collaborare. Mazzini ci disse che la nostra società era un po' snob, quindi non seguivamo i riti del mondo del calcio. Noi a quel punto dicemmo che se ci fosse stato bisogno di parlare con qualcuno, noi eravamo qui, senza dare adito a comportamenti altezzosi".
È il momento in cui Della valle telefona a Paolo Bergamo: "Si crea un contatto telefonico, chiamo il dottor Bergamo al telefono, dico: siamo qua, vogliamo fare cose buone. Ci davano per una società lontana, ci siamo presi un impegno per vederci". È la Telefonata del due maggio, cui segue l'incontro con Paolo Bergamo il 14 maggio: "Ero assieme al vicepresidente della Federazione gioco calcio, in un albergo di Firenze dove io abitavo, non eravamo in Aspromonte, ma in uno dei posti migliori di Firenze. Non capisco perché non sono state allegate anche le foto del ristorante, della colazione di lavoro. Dissi a mio fratello che bisognava scrostare vecchie mentalità. Leggo poi che quell'incontro venne considerato come la mamma di tutti gli incontri. Non c'era però l'intercettazione di quella colazione di lavoro, c'era tutto il resto, il pedinamento e altro, ma non c'era l'intercettazione della madre di tutti gli incontri, dell'incontro cardine. Forse perché era irrilevante". Venticinque minuti a braccio, prima di ricordare con amarezza cosa avvenne in quella estate del 2006. "Non auguro a nessuno di trovarsi in questo magma rumoroso e mediatico, ma aver letto intercettazioni imbarazzanti in cui molti chiedevano tanto, mi sento addirittura ingenuo quando rileggo quel passaggio in cui dissi a Bergamo, se potevo chiamarlo. Noi quel sistema non lo conosciamo, siamo arrivati dopo, con l'obiettivo di portare novità nel mondo del calcio, puntando il dito sulle questioni morali".
Il Mattino & Ju29ro.com
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