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Prandelli: “Non alleno perché non ho un procuratore. Adesso passo il tempo facendo il contadino”

Prandelli parla del fatto che non trova una panchina e della sua vita privata

Redazione VN

L'ex allenatore della Fiorentina Cesare Prandelli ha rilasciato un'interessante intervista a Calciomercato.com. Ecco alcuni passaggi:

Io non ho mai avuto e non ho tutt’ora un agente che mi rappresenta. Mi è piaciuto sempre fare tutto da solo. Oggi il mondo del calcio, esattamente come quello di tutti i giorni, è cambiato profondamente. Se non stai in vetrina, anzi se nessuno provvede a mostrarti in vetrina e a pubblicizzarti non vai da nessuna parte. Di sicuro io non mi metto ad andare in giro bussando alle porte. Una questione di dignità e di correttezza verso tanti colleghi. Post Genoa? Zero. Forse il fatto di essere stato commissario tecnico della nazionale mi ha estromesso dal giro dei club. Oggettivamente sono un disoccupato. Ma a differenza di quelli che tribolano perché non hanno un lavoro sono un grande privilegiato. Non ho bisogno, come si dice. E allora intanto faccio la spola tra Firenze e Brescia dove c’è ancora la mia mamma che vado a trovare tutte le settimane e poi mi sono inventato un nuovo lavoro molto serio e impegnativo. Alleno, per usare un’immagine calcistica, gli ulivi della fattoria che ho acquistato nella campagna vicina a Firenze dove ho messo in piedi un oleificio che mi sta dando un sacco di soddisfazioni. Così, quando non sono in autostrada per raggiungere Brescia o per tornare in Toscana, trascorro le mie giornate sul trattore a lavorare i campi. Del resto io, che sono nato a Orzinuovi provengo da una famiglia di contadini, ho realizzato che forse preferisco il silenzio della campagna e i profumi della terra al frastuono spesso esagerato degli stadi.

Allenare mi piace ancora, specialmente i ragazzini. Leggo ancora un poco di sport sui giornali, ma distrattamente. Non sono minimamente social e non mi interessa diventarlo. In questo momento sono davvero molto felice. Le passioni? Mia moglie, mia figlia, mio figlio e i miei due nipotini ai quali se ne sta per aggiungere un terzo. L’unica preoccupazione seria è per mia figlia. Lavora per l’Onu come operatrice umanitaria e in questo momento si trova a Mogadiscio dove vive come tutti i suoi colleghi in un camper. La Somalia è una dei Paese africani più caldi per via di una guerra infinita e del terrorismo. Proprio pochi giorni fa c’è stato un attacco ad un convoglio di militari italiani. Lei è una ragazza in gamba e coraggiosa, ma ogni volta che suona il telefono in orari un po’ strani, il cuore comincia a ballarmi la rumba nel petto. Mi pare normale per un padre.

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