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Esami, diagnosi e troppi veleni «Pepito, vieni a operarti al Cto»

Due anni fa, il Cto raccolse lo sfogo amaro del Re Leone e lo invitò a venire a Firenze per farsi curare al Traumatologico di Careggi. «Non posso più giocare …

Redazione VN

Due anni fa, il Cto raccolse lo sfogo amaro del Re Leone e lo invitò a venire a Firenze per farsi curare al Traumatologico di Careggi. «Non posso più giocare a pallone perché non posso più correre», disse al mondo Batigol, oggi quarantaquattrenne con le caviglie a pezzi. Al Cto gli specialisti sono abituati a rimettere a posto ossa, articolazioni e cartilagini dei campioni, usurate a causa dei vari e frequenti traumi distorsivi riportati durante l’attività agonistica, dopo un’attenta indagine di ogni singolo caso al Centro di medicina sportiva di Careggi, diretto da Giorgio Galanti, professore ordinario di Medicina interna all’Università.

Quel Galanti che dal ’92 è stato il direttore dello staff medico della Fiorentina fino all’incarico attuale di coordinatore medico e responsabile scientifico della società viola. Anche l’altro Rossi campione, Valentino, è stato operato al Cto quattro anni fa, dopo la caduta al Mugello per la frattura esposta di tibia e perone, da Roberto Buzzi, direttore della Traumatologia e ortopedia generale. Guarito perfettamente. Ma allora perché Pepito se ne va? Dopo le tac, le risonanze, mille esami con diagnosi sempre esatte e puntuali.

Fu proprio Buzzi che, nel gennaio scorso, insieme all’ortopedico Francesco Giron, aveva visitato e sottoposto ad accertamenti Pepito Rossi diagnosticando esattamente la lesione di secondo grado del legamento collaterale mediale, dicendo, prima che lo vedesse il professor Steadman che in Colorado a Pepito Rossi aveva ricostruito il legamento crociato anteriore due anni fa (nel primo dei due interventi effettuati), che non c’era bisogno di intervento chirurgico. Diagnosi confermata da Steadman.

Lo stop è stato egualmente lungo e doloroso per un ragazzo sfortunato nella fortuna di avere un talento raro. Stavolta, di nuovo, dopo la risonanza fatta al Cto, Pepito se ne va: dopo il primo consulto a Londra con l’ortopedico Andy Williams, del Chelsea and Westminster Hospital di Londra, specialista del ginocchio, che lo dovrà operare in artroscopia entro la settimana, il calciatore vuole ascoltare il parere di Steven Singleton, a Vail (in Colorado), assistente di Richard Steadman. Ma non vuol più vedere un ortopedico del Cto. Perché? Un’altra fuga? Poca fiducia nei professionisti del Cto e di Careggi? «Qui ci sono tutti professionisti di altissima qualità, tanto che siamo uno dei punti di maggiore attrazione per gli atleti che arrivano a dall’Italia e dall’estero, e abbiamo tutte le attrezzature per poter operare e curare presto e bene Giuseppe Rossi — dice il direttore generale di Careggi Monica Calamai —. Resta il fatto che poi sta alla libertà individuale decidere dove andare».

Ginocchio fragile. Il problema più frequente dei calciatori è l’articolazione del ginocchio: a causa dei vari traumi distorsivi, facilmente si lesionano i legamenti, spesso il crociato anteriore che provoca instabilità cronica del ginocchio. Un’instabilità che a sua volta determina un deterioramento dei menischi, gli ammortizzatori delle ginocchia e quindi delle relative cartilagini. L’esito finale è un’artrosi post traumatica con conseguenze dolorose e limitazione funzionale.

Quali terapie possono essere fatte? Variano a seconda dello stato di avanzamento della malattia. Si inizia con antinfiammatori e fisioterapia per poi passare a trattamenti chirurgici: come l’artroscopia, per ripulire il ginocchio dai frammenti di menisco che causano infiammazione, l’osteotomia, ossia il riallineamento chirurgico dell’articolazione e, infine, nei casi più gravi, la protesi del ginocchio che però non permette una ripresa dell’attività sportiva.

La Nazione