Tre anni e dieci mesi dovrebbero essere stati sufficienti a superare l’attrito, anche se in un ritiro in Toscana il litigio scoppiò tra Mihajlovic e Cerci, non proprio due tipi semplicissimi. Era l’estate 2011 e il campionato doveva ancora iniziare esattamente come oggi, con Sinisa, fresco di autografo sul biennale, e il giocatore stavolta uniti sotto la bandiera rossonera. Allora, nel ritiro della Fiorentina, volarono gli stracci: in allenamento Mihajlovic suggerì all’esterno il lavoro di copertura della fascia e l’invito venne disatteso. Seguì nuovo ordine: per punizione, dieci allunghi solitari. Cerci raccolse a modo suo: scattò, senza autorizzazione, per infilarsi negli spogliatoi. Versioni successive, per Cerci "allora disubbidii solo perché avevo un dolore al piede e quel giorno neppure dovevo allenarmi"; per Mihajlovic "un giocatore infortunato non gioca le partite" tanto che l’allenatore non lo convocò per l’amichevole contro il Newcastle.
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Secondo e fin qui ultimo giocatore che Mihajlovic ritroverà nel nuovo corso è Montolivo, e pure nello stesso status in cui lo aveva lasciato: capitano a Firenze, capitano al Milan. In quell’estate turbolenta Sinisa si trovò in realtà ad affrontare la questione: Riccardo aveva pubblicamente annunciato la volontà di non rinnovare il contratto viola, la società iniziò sfilandogli la fascia dal braccio. Miha si schierò con il club solo in parte, appoggiò la decisione di togliere i gradi ma non gli tolse mai la maglia (Sinisa fu poi esonerato a novembre): Montolivo giocò sempre, nonostante i mugugni della piazza e la rabbia della società, che per un lungo periodo avrebbe preferito vederlo sistemato in tribuna. Conseguenza della fiducia furono una serie di amorevoli scambi di battute (Sinisa: "Per noi Riccardo è importante e se sta bene gioca lui. Le scelte della società sicuramente non mi turbano e spero che i tifosi non lo fischino"; Montolivo: "Se le cose fin qui non sono andate bene l’ultimo dei responsabili è Mihajlovic").
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