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Sport Mediaset: Prandelli e l’Italia più bella di sempre

C’è una teoria, che ogni tanto qualcuno tira fuori, secondo la quale gli allenatori, nel calcio, contano poco. Il migliore, si dice, è quello che fa meno danni. Sono i …

Redazione VN

C’è una teoria, che ogni tanto qualcuno tira fuori, secondo la quale gli allenatori, nel calcio, contano poco. Il migliore, si dice, è quello che fa meno danni. Sono i giocatori che contano. Che senza i campioni non si vada da nessuna parte è una cosa così ovvia che non ci perderei un solo secondo. Quanto al luogo comune sugli allenatori la storia del calcio dimostra esattamente il contrario. Nel bene e nel male l’allenatore è fondamentale.

Perché ci fai questo predicozzo, si chiederà qualcuno di voi? E’ semplice: per cercare un modo di sottolineare quello che sta facendo Cesare Prandelli. Per provare a misurare la cifra di una rivoluzione che rischia di passare in secondo piano. Offuscata dalle bordate e dai muscoli di Riace-Balotelli, dal cucchiaio e dal genio di Pirlo, dalle invenzioni di Cassano, dai voli di Buffon e così via.

Il dibattito è aperto ma credo di poter sostenere che nessuna nazionale italiana abbia mai giocato meglio di quella di questo Europeo. Che ha esordito bene con la Spagna, ha ripiegato su se stessa con la Croazia, è stata efficace con l’Irlanda per diventare meravigliosa con Inghiltera e Germania. L’Italia delle ultime due partite non solo non teme confronti con nessuna Italia del passato ma, secondo me, proprio non c’è paragone. Nemmeno con quelle che hanno vinto i vari titoli mondiali. Non parlo di quello che quei titoli hanno rappresentato, delle emozioni che ci hanno dato, dell’orgoglio con cui sono stati ottenuti, del fatto che fossero meritati e bellissimi. Parlo solo della qualità del gioco. L’Italia di Prandelli è la più bella Italia di sempre.

Il tecnico è partito nel suo lavoro di ricostruzione sulle ceneri del mondiale sudafricano in punta di piedi, senza proclami, senza sfide lanciate al mondo, predicando umiltà, chiedendo pazienza e un po’ di collaborazione. Che in pochi gli hanno dato. Parlo delle società, impegnate a portare avanti i loro programmi, considerando la nazionale un male necessario. Al quale non cedere i giocatori non dico per le amichevoli ma addirittura per degli stage didattici. Perché, è questa la grande rivoluzione di Prandelli, lui insegna calcio, è sempre stato così, tutte le sue squadre hanno avuto una sola idea di base: creare il gioco, cercare di imporre idee e personalità all’avversario. E’ stata il credo di un altro grande allenatore del nostro calcio, Arrigo Sacchi, che è riuscito con il Milan a raggiungere vette di gioco e risultati ineguagliabili ma la sua nazionale è stata inferiore a quella di Prandelli.

La partita con la Germania ha confermato quello che tutti avevano visto e che ora appare chiaro al mondo intero: esiste uno stile di gioco italiano. Non siamo più quelli della difesa e del contropiede, quelli che sfruttano gli errori dell’avversario, quelli che provano a vincere con ogni mezzo. Oggi tutti cominciano a conoscerci per quello che siamo diventati: una squadra che gioca benissimo senza scimmiottare nessuno ma con un suo stile che è un mix di classe, palleggio, velocità, forza fisica, spirito di gruppo. Una squadra che sa sempre cosa deve fare in ogni zona del campo. Una squadra che ha giocatori meravigliosi ma che sembra teleguidata da un genio in piedi davanti alla sua panchina. Una persona per bene, un allenatore immenso che tutto il mondo comincia ad invidiarci e a cercare. Non lasciamocelo scappare.

Nicola Calathopoulos - Sport Mediaset