Folle epilogo per l'11a edizione della Coppa Sudamericana. Uno spettacolo, quello di questa notte allo stadio Morumbì di San Paolo, che nulla ha a che vedere con lo sport e che, oltretutto, costituisce un pessimo biglietto da visita in vista dei prossimi Mondiali. La finale di ritorno tra San Paolo e Tigre termina infatti dopo appena 45' di gioco per il rifiuto dei giocatori argentini di rientrare in campo a causa di una presunta aggressione negli spogliatoi da parte del personale di sicurezza brasiliano. Dopo oltre mezz'ora di attesa, l'arbitro cileno Enrique Osses decreta la fine dell'incontro e consegna il titolo al San Paolo, che nel primo tempo si era portato sul 2-0 grazie ai gol di Lucas e Osvaldo (all'andata era finita 0-0). Gli argentini recriminano e lanciano gravi accuse: "Ci hanno pestati e minacciati con una pistola". Ma secondo la Policia Militar, "sono stati gli argentini a provocare per primi".
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Scandalo in Copa Sudamericana. Il Tigre “Ci hanno pestato”
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IMBOSCATA NEGLI SPOGLIATOI — Tutto inizia con un accenno di rissa quando l'arbitro fischia la fine del primo tempo, sul punteggio di 2-0 per i padroni di casa. L'arbitraggio eccessivamente permissivo di Osses, che lascia correre entrate al limite e colpi proibiti (ne fa le spese soprattutto Lucas, sanguinante al naso dopo una gomitata di Orban non punita), incattivisce gli animi a tal punto che, prima di andare al riposo, diversi giocatori rischiano di venire alle mani. Ma il peggio - secondo il primo racconto del tecnico Gorosito nel dopo partita -, accade negli spogliatoi, lontano dall'occhio indiscreto delle telecamere, bloccate sul campo di gioco dall'intervento della Policia Militar. "All'ingresso del nostro spogliatoio abbiamo trovato una ventina di bodyguard enormi che hanno iniziato a insultarci e minacciarci, fino a provocare una rissa. Ci hanno malmenato, e come se non bastasse - ha aggiunto Gorosito - ci si è messa pure la polizia, che invece di intervenire in nostro aiuto ci ha presi a manganellate". Una volta terminata la rissa, stranamente sfuggita agli occhi della terna arbitrale e di qualsiasi funzionario della Conmebol, gli argentini hanno deciso di non rientrare in campo, e l'arbitro Osses ha quindi decretato la fine anticipata.
MANGANELLI E PISTOLE — "E' stata un'imboscata in piena regola", ha accusato il capo del servizio d'ordine argentino, mostrando alle telecamere di FOX Sports il volto tumefatto. Tra i giocatori c'è chi ha riportato ematomi, escoriazioni e contusioni, e il portiere Albil si è presentato davanti alle telecamere di ESPN con uno zigomo gonfio come un'albicocca e l'occhio semichiuso, per rincarare la dose di accuse. "Siamo stati vittima di un pestaggio programmato. Sembrava tutto calcolato. Loro lì ad aspettarci, e nessuno attorno che potesse vedere. Siamo venuti per giocare una partita e ci hanno pestato, senza contare i colpi di manganello della polizia". A un certo punto, uno di loro ci ha addirittura puntato contro la pistola", ha denunciato il tecnico argentino, sostenendo che gli aggressori fossero dipendenti della Federazione calcio Paulista (FPF). "Per poco non è finita in tragedia", ha proseguito Jorge Borelli, il vice di Gorosito, che ha rimediato un profondo taglio all'altezza dello zigomo. Tra una testimonianza e l'altra, le telecamere documentano quelle che sembrano immagini di una vera e propria battaglia: porte divelte, sedie rotte e macchie di sangue un po' ovunque sulle pareti accanto allo spogliatoio del Tigre. Alla fine, il presidente del Tigre Sergio Massa annuncerà il ricorso alla Conmebol, chiedendo inoltre una presa di posizione ufficiale da parte della federazione argentina (AFA). Ma nel frattempo la Policia Militar ha fatto sapere che giocatori e tecnico argentini potrebbero essere denunciati per aggressione.
gazzetta.it
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