In Sudamerica la chiamano Garra Charrúa, qua in Europa la conosciamo semplicemente come "Garra". E' l'ingrediente segreto di ogni impresa, sportiva e non. Dovrà esserlo anche della Fiorentina giovedì prossimo se davvero contro il Siviglia vorrà provare a trasformare il sogno in in realtà. Elemento indispensabile e allo stesso tempo non sufficiente per uscire dal campo con una qualificazione che farebbe gridare al miracolo. Ma per uscirci a testa alta, quello sì. La terza regola del nostro personalissimo mantra è proprio questa: impegno, perseveranza e "cattiveria" agonistica.
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Regola numero tre: Garra Charrúa
L’ingrediente segreto di ogni impresa. Giovedì servranno grinta, perseveranza e orgoglio guerriero
Proprio come fece quell'Uruguay infarcito di veterani che vinse il Campionato sudamericano di Lima nel 1935. Fu proprio in quell'occasione che fu coniata in ambito sportivo l'espressione "Garra Charrúa". Da lì in avanti, quelle due semplici parole furono sinonimo di quel "Non molliamo mai" - nemmeno quando l’impresa sembra impossibile - che ha da sempre caratterizzato le gesta sportive del popolo uruguaiano. Il termine, con il tempo, è stato poi sdoganato anche negli altri paesi del Sudamerica, vedendosi così scorporata la radice uruguaiana. Esattamente il contrario di quanto serve per capirne l'origine.
Se per il significato della parola "Garra" è sufficiente un semplice vocabolario spagnolo-italiano ("artiglio"), "Charrúa" necessita di un libro di storia: i Charrúa, infatti, erano una tribù indigena originaria delle pampas e stanziatisi nella zona del Río de la Plata, attualmente comprensiva anche di alcune zone marginali del Brasile e dell'Argentina. Si crede che abbiano ucciso l'esploratore spagnolo Juan Díaz de Solís nel 1515, ma di certo c'è che per molti anni si opposero coraggiosamente alle prevaricazioni colonialiste. Molti di loro fecero successivamente parte degli eserciti indipendentisti di Josè Gervasio Artigas ed altri, fino all'11 aprile 1831, giorno del genocidio di Salsipuedes.
40 Charrúas vennero uccisi, 300 fatti prigionieri. A perpetrare il massacro fu il primo presidente dell'Uruguay, Fructuoso Rivera. I prigionieri vennero portati a Montevideo in condizioni disumane, obbligati a camminare per giorni e giorni senza riposo. Gli uomini vennero incarcerati, venduti o lasciati morire in galera; le donne e i bambini furono consegnati come domestici a famiglie facoltose di Montevideo. E' così che il termine "charruas" ha acquisito connotazioni di valore, di forza, di fierezza e di orgoglio guerriero nonostante un destino che sembra già scritto. Con le debite proporzioni e soprattutto il dovuto rispetto, che Garra Charrúa sia.
ALESSIO CROCIANI
Twitter: @AlessioCrociani
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