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Quando l’ignoranza si confonde con il razzismo

L'episodio accaduto a David Guetta ci dà uno spunto di riflessione

Paolo Mugnai

Quanto è successo a David Guetta (LEGGI) è sinonimo di stupidità e ignoranza. Ignoranza anche calcistica, viene voglia di aggiungere. Basterebbe che quei ragazzotti razzisti rileggessero le drammatiche biografie di due allenatori ebrei ungheresi che operarono con successo in Italia: Arpad Weisz ed Ernest “Egri” Erbstein. Weisz fu costretto a lasciare l’Italia nel gennaio del 1939, in seguito all’introduzione delle leggi razziali. Deportato, morì ad Auschwitz. Fu l’allenatore che vinse lo scudetto con l’Inter nel campionato 1929-30, il primo a girone unico. Scoprì Meazza. Si ripeté a Bologna.

Uno dei primi teorici del calcio che nel 1930 insieme al dirigente dell’Inter Aldo Molinari scrisse un manuale, “Il giuoco del calcio”, con la prefazione di Vittorio Pozzo. “Uno che senza strilli ha dato dignità alla professione di allenatore e che ha vestito il calcio con un abito rigoroso. Scientifico” – ha scritto di lui Matteo Marani in Dallo scudetto ad Auschwitz. Tra le sue frequentazioni milanesi, tanti giornalisti come quelli del «Calcio Illustrato» che sulle loro pagine lo definirono, alternativamente, «mago», «labbruto», «Cjili» (una sorta di «Ciccio» in ungherese).

Un altro allenatore, ungherese ebreo (ma battezzato come cattolico insieme alla moglie e ai figli), costretto ad andarsene dall’Italia fu Ernest “Egri” Erbstein. Rifugiatosi a Budapest, il destino gli riserverà un’altra fine. Direttore tecnico del grande Torino, morirà infatti nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949.

Volendo approfondire la questione ebraica, nell’ambito calcistico una figura di assoluto rilievo è il famoso giocatore della nazionale austriaca Matthias Sindelar, come si può leggere nella biografia romanzata di Nello Governato, La partita dell’addio. Matthias Sindelar, il campione che non si piegò a Hitler. Il talentuoso attaccante soprannominato “Der papiereine” (carta velina) per il fisico esile e “Mozart del football” dal suo mentore Hugo Meisl, una volta avvenuto l’Anschluss, si rifiutò di giocare con la Germania. Fu solo l’ultimo degli episodi che contraddistinsero la biografia di quello che è un eroe nazionale austriaco, morto in circostanze misteriose il 23 gennaio 1939 a neppure 36 anni. Al suo fianco, morta anche lei dopo pochi giorni di coma, una giovane ebrea italiana, Camilla Castagnola. Già al termine dell’amichevole disputata contro la Germania a suggellare anche calcisticamente l’annessione forzata, e vinta dalla nazionale austriaca (in campo per l’ultima volta) per 2-1 con un suo gol, Sindelar si era esposto politicamente non facendo il saluto nazista ai gerarchi in tribuna.

Il manifesto del razzismo italiano apparve il 14 luglio 1938. Il 6 agosto dello stesso anno uscì il primo numero della rivista “La difesa della razza” diretta da Telesio Interlandi. Anche questo forse da leggere, per capire a quali bassezze possa arrivare l’animo non più umano.