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L’analisi di Pippo Russo: “Una crisi annunciata”

La dura ricostruzione della realtà Fiorentina secondo lo scrittore e saggista di fede viola

Redazione VN

Ma cos’è questa crisi? Gli osservatori esterni s'interrogano, sorpresi dai tumulti che da un'ora all'altra si sono scatenati dentro e intorno alla Fiorentina. Ma anche il mondo viola si pone la questione, intanto che le sue componenti prendono campo.

Il momento del "bomba liberi tutti" è scoccato mentre ci s'avviava alla mezzanotte fra giovedì e venerdì, quando a nemmeno un'ora dall'ingloriosa eliminazione in semifinale di Europa League lo stracco rito della conferenza stampa post-partita è stato terremotato dalle dichiarazioni di Vincenzo Montella. Che ha definito immeritati i fischi dei tifosi; e ha aggiunto che, per la dimensione su cui la Fiorentina si è assestata, una semifinale di Europa League è qualcosa più del dovuto. Le dichiarazioni di Montella sono state subito inquadrate come una reprimenda nei confronti dei tifosi, e in effetti lo erano. Ma il messaggio dell'allenatore non si rivolgeva soltanto a quel destinatario, che anzi non era nemmeno il principale. Del resto, non era la prima volta che Montella mostrava insofferenza verso la disapprovazione dei tifosi.

Era già successo dopo la sconfitta in casa del 20 aprile contro il Verona, quando il tecnico viola fu persino più malizioso. Disse infatti che chi paga il biglietto ha ragione di fischiare, ma al tempo stesso dubitò che tutti i "fischianti" avessero pagato il biglietto. E anche questa frase, riletta adesso, contiene forse un messaggio latente. E in questo, indipendentemente da come la si pensi sulle sue doti da allenatore, Vincenzo Montella è sempre stato bravissimo, capace di una furbizia dialettica superiore di quattro-cinque spanne rispetto a tutti coloro che lo circondano all’interno della società viola. Il messaggio che da giovedì notte ha incendiato la comunità viola aveva un destinatario esplicito e uno neanche tanto occulto. Soprattutto, è un messaggio che pur mirando scientemente alla rottura con la comunità dei tifosi (e dunque col club) contiene un allerta a loro beneficio.

Nella sostanza, Montella ha rimproverato ai tifosi una presunzione di grandezza che in questo momento la Firenze calcistica non ha né può permettersi. E questo sarebbe già un messaggio brutale in qualsiasi piazza. Ma a Firenze lo è ancora di più. Perché ai fiorentini può anche succedere di attraversare periodi con le pezze al culo, e di esserne consapevoli. Ma guai a dirglielo. E guai eterni a dir loro che la mediocrità sia il loro rango. Questione di grandeur, che da queste parti è risorsa vitale più del pane quotidiano. Dunque Montella sapeva bene di toccare un nervo scoperto dei tifosi viola in quanto fiorentini. E da comunicatore aduso alle furbizie l’ha toccato in piena consapevolezza, cosciente di quali potessero essere le conseguenze.

E tuttavia, ribadisco, il messaggio contiene anche una critica non dichiarata a un altro soggetto, e quella critica è anche un inviato tra le righe ai tifosi affinché aprano gli occhi. Perché dire che l’attuale dimensione della Fiorentina non valga una semifinale di Europa League significa dichiarare apertamente le ambizioni della società. Che invero, al di là del continuo riferimento al mitico "Progetto" che ormai somiglia sempre più ai lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, continuano a essere imperscrutabili.

Proprio qui sta il cuore del problema, e il motivo che consente di dare una risposta ragionata all’interrogativo di partenza: ma cos’è questa crisi? Un interrogativo più che legittimo, avanzato da chi non riesce a spiegarsi l'isteria di questi giorni fiorentini. In fondo, direbbero i perplessi che osservano la situazione da fuori Firenze, la Fiorentina ha condotto una stagione in linea con gli obiettivi. È in corsa per un piazzamento in Europa League con ottime probabilità di spuntarla, e questo era l'obiettivo di campionato che ragionevolmente le si poteva accreditare. E ha raggiunto le semifinali di Coppa Italia e Europa League, da cui è stata estromessa, rispettivamente, dalla Juventus dominatrice delle ultime quattro stagioni italiane e adesso finalista di Champions, e dal Siviglia campione in carica. Dunque, perché tanto malcontento?

Si potrebbe rispondere che in tutte e tre le competizioni la squadra viola ha sempre mollato in modo catastrofico quando si è trattato di fare il passo decisivo verso un livello superiore. E che il ripetersi (negli anni, non soltanto in questa stagione) della circostanza ha stratificato nella piazza e nella tifoseria una frustrazione potenzialmente esplosiva. Ma c'è anche dell’altro, e questo altro esula dai risultati del campo e chiama in campo una società ormai affidata a un uomo di fiducia dei proprietari, il ragionier Mario Cognigni. Un uomo con nessuna esperienza calcistica prima di assumere la guida della Fiorentina, e che poco a poco ha accentrato tutte le funzioni. Calciomercato compreso.

Gli ultimi movimenti all'interno dell’organigramma viola sembrano fatti apposta per aumentare le perplessità. A marzo se n’è andato Eduardo Macia, unanimemente giudicato l'architetto della prima, splendida stagione guidata da Vincenzo Montella. Troppe incomprensioni coi vertici, soprattutto in materia di strategie sul mercato. Meglio tornare in Spagna al Betis Siviglia, uno dei club che Doyen Sport Investments s'appresta a rilanciare. A sostituirlo è arrivato Valentino Angeloni, ex Inter e Udinese, cui sono state affidate responsabilità di scouting. Cioè, pochi e ben delimitati compiti.

Il ds Daniele Pradè langue in un cantuccio, e non si sa fino a quando rimarrà in viale Fanti. Ma stando così le cose, chi si occupa del mercato? Cognigni in persona. Che in questi mesi ha dato a vedere di fidarsi molto dell'agente Fali Ramadani, il più stretto collaboratore del superbroker globale Pini Zahavi. Per Firenze e la Fiorentina l'asse con Ramadani-Zahavi non è una novità. Era ben solido ai tempi in cui l’area tecnica era diretta da Pantaleo Corvino e la Fiorentina importava calciatori del Partizan Belgrado. Cioè di un club allora come adesso sotto il controllo di Zahavi, che nel frattempo però ha indirizzato la propria attenzione anche sulla Stella Rossa.

Era il tempo in cui Corvino si prendeva i meriti d’aver "scoperto" talenti come Jovetic e Ljajic. E figurarsi quale sforzo nello "scoprire" un calciatore che aveva esordito in patria a soli 16 anni ed era già stato segnalato da un tabloid inglese come uno dei 20 migliori giovani talenti al mondo (QUI), o un altro che era già stato preso e poi scartato dal Manchester United.

Proprio scovati col lanternino. Rispetto al rapporto della Fiorentina con l’asse Ramadani-Zahavi, l'addio di Corvino nel 2012 non ha cambiato le cose. E le ultime sessioni di mercato stanno lì a dirlo. Una società sempre attenta a lesinare le risorse ha speso 4,5 milioni per Rebic a fine agosto 2013. Salvo spedirlo l'estate dopo nella B tedesca, senza che nel frattempo il calciatore lasciasse tracce in viola. Stessa sorte per Bakic, sbolognato quest'anno allo Spezia. Poi è arrivato Badelj, il giocatore più lento nella storia del calcio, valutato 5 milioni e reduce dall’Amburgo, club che sta passando uno dei momenti più bui di sempre. E ancora, è arrivato Kurtic, presto annegato nella propria modestia di calciatore da squadra di medio bassa classifica. È arrivato anche Micah Richards dal Manchester City, club con cui Zahavi ha ottimi rapporti e a cui la Fiorentina ha ceduto Jovetic per un prezzo che fin qui non è stato giustificato dalle prestazioni del calciatore. Per il terzino inglese è stato maggiore il tempo in infermeria che quello in campo.

Un altro club con cui Pini Zahavi è in ottimi rapporti è il Chelsea. E in quel caso il rapporto è speciale, perché Zahavi è stato fondamentale nella scalata di Roman Abramovich alla proprietà del club londinese. Dal Chelsea è arrivato la scorsa estate in prestito Marko Marin, giunto a Firenze rotto e rispedito indietro a gennaio. E quello di Marin non è stato il solo ingaggio sconcertante dell’estate viola. C'è stato anche quello dell'australiano Joshua Brillante, bocciato da Montella dopo soli 35 minuti in campo nella prima di campionato contro la Roma; spedito a Empoli a gennaio, Brillante ha accumulato in azzurro la bellezza di 4 minuti, contro il Cesena.

Da racconto picaresco la figura del brasiliano Octavio, giunto dal Botafogo. La leggenda narra che il suo arrivo facesse parte dell'operazione il cui vero obiettivo era Fernando, brasiliano dello Shakhtar Donetsk. Di sicuro c'è che a Firenze è arrivato solo il primo. Mai nemmeno convocato, Octavio nei mesi scorsi è riuscito nell'impresa d’infortunarsi gravemente. Su un forum, un tifoso viola particolarmente arguto ha scritto che il giocatore sarà scivolato mentre faceva la spesa alla Coop. Alla resa dei conti, fra gli acquisti estivi il solo Basanta è tornato utile alla squadra, e mantenendosi anch'egli sotto le attese. Peggio ancora è andata col mercato di gennaio. Quando, mentre il portiere Neto veniva ostracizzato causa la pessima gestione del rinnovo contrattuale, salvo poi richiamarlo in fretta e furia fra i pali rimediando una figura imbarazzante, alla Fiorentina sono arrivati: Diamanti e Gilardino, di ritorno dal campionato cinese grazie alla collaborazione di Lippi Jr.; Aleandro Rosi, che da anni ormai gira da un club all’altro senza lasciare tracce. E soprattutto Mohamed Salah, l'egiziano giunto dal Chelsea, in prestito e con una formula particolarmente vantaggiosa, nel quadro dell'operazione che ha portato in Blues il colombiano Cuadrado.

Altro affare, quello della cessione di Cuadrado, concluso grazie ai buoni uffici della ditta Zahavi-Ramadani, dopo che invano durante l'estate la società viola era stata alla finestra in attesa di acquirenti. Salah parte fortissimo, e anche le prime prove di Diamanti non sono male. Ciò porta i trombettieri della stampa, quelli in servizio permanente effettivo su piazza, a parlare di "grande mercato di gennaio della Fiorentina". Poi però le cose cambiano. Salah frena, e anzi quasi inchioda. Un'involuzione inspiegabile. E già dopo poche settimane a Firenze si diffondono voci su un interessamento da parte del Wolfsburg; ma non s’era detto che rimaneva SICURAMENTE per un anno e mezzo? Anche Diamanti si affloscia. Rosi continua a marcare una presenza irrilevante, come altrove. Quanto a Gilardino, meglio tacere in rispetto di ciò che ha fatto nella sua prima avventura fiorentina. Adesso le voci sulla partenza di Salah si fanno insistenti.

Proprio oggi (ieri ndr), sulle pagine fiorentine di La Repubblica, Benedetto Ferrara riferisce dell'ambizione del giocatore di disputare la Champions. Posso dire di non essere sorpreso. Forse faceva cenno a questo, Montella, quando nella conferenza stampa post-Siviglia parlava di calciatori pronti a andar via.

Chiaro che, con la partenza di Salah, il mercato viola della stagione 2014-15 potrebbe essere retrospettivamente giudicato con un solo aggettivo: fallimentare. Ma poco male, in società sono sempre impegnati nella realizzazione del Progetto. E pazienza se gli obiettivi continuano a sfumare.

L’eventualità di lottare per lo Scudetto a partire dal 2011 riposa nel novero delle Ultime Parole Famose; il Centro Sportivo che doveva sorgere a Incisa rimane Innominabile; e quanto a nuovo stadio e Cittadella, pare siano più una premura del comune di Firenze che della società viola. Che però sta sviluppando ambiziosi piani d’internazionalizzazione. L’anno scorso il dirigente Sandro Mencucci disse che il modello della Fiorentina era l'Atletico Madrid. Forse qualcuno gli fece notare che gli spagnoli sono un esempio di pessima gestione societaria, essendo un club indebitatissimo e nelle mani dei fondi d’investimento. Sicché ha provveduto il nuovo dg Andrea Rogg a correggere il tiro: il modello della Fiorentina è il Borussia Dortmund (QUI). Che fra parentesi giusto quest'anno ha attraversato una delle peggiori stagioni della sua storia recente, ma questo è soltanto un dettaglio.

In attesa di sapere quanto a lungo questo Modello Dortmund rimarrà un riferimento, la società viola continua il lavorio di costituzione di alleanze all'estero. Nella scorsa stagione c'era stata quella col Pune, una franchigia della neonata Indian Super League. Campionato subito rivelatosi un cimitero degli elefanti. La partnership non lascia tracce apprezzabili, e attualmente non se ne ha più notizie. C'è anche l’accordo con l’Ascona, club ticinese che fa la quinta (quinta!) divisione in Svizzera. Livelli da tornei Uisp, e forse nemmeno. E adesso c'è in corso di sviluppo una partnership col team giovanile Usa della Northern California.

Tutto quanto fa brand, certo. Ma intanto quest’anno la maglia della Fiorentina è rimasta sguarnita di main sponsor. E nessuno fra i trombettieri che bussi all'ufficio marketing per chiedere come mai. Se volevate sapere cosa sia questa crisi, adesso potete farvi un'idea. Pensando che forse la nottata ha ancora da iniziare.

PIPPO RUSSO - Calciomercato.com