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Frigo, il soldato viola che morì fucilato dai nazisti per salvare i compagni

Ucciso nell'ottobre del 1943: non aveva nascosto i suoi gradi. In tasca gli trovarono un santino della Madonna di Monte Berico e la tessera della Fiorentina.

Redazione VN

VICENZA - L'hanno già definito un "campione" dimenticato. Ma prima di tutto un "eroe" dimenticato, perchè di tanti come lui, morti per la Patria, è rimasto solo un nome e un cognome. Eppure Armando Frigo, nativo di Clinton in Indiana (da emigrati italiani) che nel 1925, all'età di 8 anni, seguì i suoi genitori nel ritorno in patria, caduto durante la Seconda Guerra Mondiale all'età di 26 anni, aveva giocato giovanissimo nel Vicenza, esordendo in prima squadra quando non aveva ancora compiuto 18 anni per poi passare alla Fiorentina nell'estate del 1939, dove esordì in serie A e con cui vinse la Coppa Italia nel 1940 (primo titolo della storia viola).

Peccato, come confida la nipote Donata Frigo Bettenzoli che di Armando nessuno si sia ricordato, con la sola eccezione degli amministratori di Roana che gli hanno dedicato il campo sportivo di Canove e la citazione nel cippo ai Caduti in piazza.

Una dimenticanza grave, soprattutto a Vicenza, in ambito di amministrazione locale, mentre la società calcistica ha ricordato nel Dopoguerra con un piccolo monumento tutti i biancorossi caduti in Guerra.

Il secondo conflitto bellico, così come avvenuto per altre migliaia di calciatori e campioni di altri sport, ha interrotto i sogni di gloria di Armando Frigo, ma anche una carriera professionistica che avrebbe potuto garantirgli soldi, prestigio e fama. Nel caso di Armando, più sfortunato di altri calciatori "rifugiati" in Svizzera o protetti considerato lo status di campione ai quali fu risparmiato il fronte, gli ha portato via anche la vita, in età giovanissima, togliendolo dall'affetto dei suoi cari, che proprio oggi lo ricordano con immutata commozione.

C'è una sorta di destino nella vita di Armando. Ed è datato dicembre 1941. In treno, in uno dei tanti viaggi di ritorno da Firenze a Vicenza incontra, nello scompartimento, un giovane come lui, ma senza una gamba amputata a causa di una ferita da guerra. Alla fine di quell'incontro, durato al massimo un paio d'ore, non trattiene le lacrime e prende la sua decisione: rinunciare alla sospensione motivata (per motivi di studio) alla chiamata alle armi, lasciare il calcio e partire per il fronte.

Gli italiani si attestano tra i ruderi di antiche fortificazioni e resistono per circa un mese agli attacchi tedeschi, ex alleati, difendendo il passaggio obbligato del passo di Crkvice per dar modo ai soldati dell’”Emilia”, agli alpini della divisione “Taurinense” e ai partigiani montenegrini di sganciarsi dai tedeschi che li hanno accerchiati. Le truppe italiane hanno, alle Bocche di Cattaro, due navi che aspettano per riportarli in patria. Resistono eroicamente sino a quando interviene implacabile l’aviazione tedesca con gli Stukas. I soldati si difendono strenuamente, ma vengono sopraffatti dai nazisti ed i superstiti catturati. I quattro ufficiali italiani (con Frigo ci sono Arcuno Pietro, Sedea Luigi ed un quarto rimasto ignoto, ma probabilmente Guido Valentini) subiscono un processo sommario e la fucilazione.

Un colpo sparato alla testa a tradimento. E’ così che muore il 10 ottobre 1943, Armando Frigo. E con lui gli altri 4 ufficiali che, non nascondendo i gradi ai nazisti, salvano la vita ai loro soldati. In tasca ad Armando trovano poi un santino della Madonna di Monte Berico e la tessera della Fiorentina.

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