altre news

Chiesa, Simeone e i figli d’arte del calcio

La Fiorentina ha due figli d'arte come Chiesa e Simeone, ma nel calcio ci sono tanti esempi anche di chi ha superato il padre come Paolo Maldini

Redazione VN

Il calcio è non solo uno sport ma anche un'arte. Sebbene in tanti provino a diventare calciatori professionisti e a fare della loro passione un lavoro, tra l'altro molto ben pagato, la concorrenza è enorme e solo una minima parte di essi ci riesce. Il contesto calcistico attuale vede una serie di giovani che non riescono sempre a sfondare nonostante abbiano illuminato la scena nei loro anni alle giovanili o nelle prime stagioni. Mantenersi ad un livello alto per molti anni è sicuramente quanto di più difficile esista in questa professione, oltre alla differenza tra calciatori "medi" e campioni, il cui rendimento non risente di fattori esterni né del passare del tempo. Tuttavia, una categoria che già dai primi calci presenta molta pressione, è sicuramente quella dei figli d'arte, ossia i figli di ex campioni che dal primo giorno ereditano la passione del loro genitore e provano a ripercorrerne i passi nel calcio professionistico. Tra di loro, attualmente, due giocano nella Fiorentina: si tratta, ovviamente, di Federico Chiesa e Giovanni Simeone, i cui genitori hanno giocato ad altissimi livelli in Serie A e nelle rispettive nazionali. E sono stati proprio loro a propiziare il trionfo della Viola a Torino nell'ultimo scontro di Coppa Italia, una manifestazione la cui conquista è sicuramente un obiettivo della squadra allenata da Stefano Pioli. Ma quali sono gli altri figli d'arte del calcio? Andiamo a scoprirlo.

Meglio di papà

È sempre difficile riuscire a far meglio di quanto già dimostrato da un campione, soprattutto in tempi recenti. In effetti, la maggior parte dei figli che hanno superato i loro genitori si sono fatti conoscere negli anni '80 e '90. Il caso più lampante è senza dubbio quello di Paolo Maldini, ritiratosi dal calcio giocato nel 2009 dopo un emotivo tributo dello stadio Franchi. L'ex difensore del Milan è figlio di Cesare, una delle colonne portanti della squadra che con Nereo Rocco al comando ha segnato la prima grande epoca della squadra rossonera, in Italia e in Europa. Cresciuto nelle giovanili della squadra rossonera, il giovane Paolo è stato da subito segnalato come un predestinato, arrivando a debuttare giovanissimo nella squadra che fu di suo padre e diventando capitano dopo il ritiro di Franco Baresi. Capitano anche della nazionale italiana, con la quale raggiunse un terzo e un secondo posto ai mondiali di Italia '90 e USA '94, Maldini jr poteva giocare sia da terzino sia da centrale, e si contraddistingueva per la sua classe e la sua abilità con il pallone tra i piedi, oltre alle sue doti di marcatore. La sua leggenda è caratterizzata da una serie di vittorie, tra le quali spiccano cinque titoli di campione d'Europa con il Milan, due dei quali alzati al cielo come capitano. A quell'epoca il Milan era una delle favorite alla vittoria finale della Champions sponsorizzata da Heineken, onore che adesso spetta al Manchester City, visto come principale candidato alla vittoria dalle scommesse di Betway con una quota di 4,5 il 15 gennaio. Oltre ad essere stato uno dei primi testimonial Nike d'eccezione, è stato uno dei pochi giocatori ad aver giocato con una sola maglia in tutta la sua carriera, qualcosa che conferisce una dose in più di romanticismo nella sua storia.

Come Maldini, hanno superato i loro genitori giocatori come Frank Lampard, Xabi Alonso e Diego Forlán, quest'ultimo addirittura terzo scalone di una generazione di calciatori che ha vestito la maglia della nazionale uruguayana. Dopo di loro, però, l'eccessivo stress del calcio moderno e l'elevata concorrenza hanno iniziato a porre maggiori ostacoli.

Eredità difficili

Molti sono, infatti, i figli d'arte che non sono riusciti a calcare le orme dei propri genitori. Mentre alla Fiorentina lo stesso Giovanni Simeone alterna alti e bassi sia in quanto a rendimento sia in quanto a goal realizzati, alcuni eredi di illustri calciatori sembrano non riuscire proprio a sbocciare. Il caso di Enzo Fernández, figlio di Zinedine Zidane, è sicuramente uno di questi. Classe 1995, il che significa che ha già 24 anni, ha deciso fin da piccolo di usare il cognome della madre per evitare che la sua maglia pesasse troppo. Eppure, nonostante abbia debuttato con la prima squadra del Real Madrid, il trequartista gioca adesso nel Rayo Majadahonda, ossia nella Serie B spagnola, il che già di per sé è un verdetto definitivo per un calciatore che si è sentito sotto pressione fin da giovanissimo. Per Christian Maldini è stato più o meno un discorso simile: il difensore attualmente alla Pro Sesto, in Serie D italiana, aveva su di sé non solo il peso dell'eredità paterna ma anche della fama del nonno. Cresciuto anch'egli nelle giovanili del Milan, non è riuscito mai ad esplodere e in questo momento non gioca neanche in un campionato professionistico. L'ennesima dimostrazione che per essere dei grandi calciatori non bastano i buoni cromosomi di famiglia, ma anche talento e abnegazione. Tornando a un ex Milan, vediamo come Justin Kluivert, figlio di Patrick, stia provando a diventare più famoso di suo papà. Più piccolo ma più rapido, l'attuale ala della Roma ha la stoffa del campione, sebbene debba ancora dimostrare un rendimento continuo ad alti livelli.

Per concludere, molto spesso portare un cognome importante, è più un fardello che un vantaggio nel mondo del calcio. Le eccessive aspettative sul rendimento di chi ha nel sangue e nel DNA i cromosomi del campione finiscono spesso con l'essere un'eredità pesantissima da gestire. Casi come quello di Maldini e Forlán sono sempre meno comuni, soprattutto adesso che il bacino di calciatori arruolabili si è ingigantito e la concorrenza arriva da ogni parte del mondo. Giovanni Simeone e Federico Chiesa, tuttavia, vogliono smentire questa tendenza, e sembra che per ora ci stiano riuscendo. Per la gioia dei tifosi della Fiorentina.