Nei suoi novantuno anni di storia la Fiorentina ha alternato periodi di grande esaltazione ad altri di assoluto anonimato e depressione sportiva, ma nella mente dei tifosi viola esiste un punto di rottura, di svolta, un "io c'ero" che nell'immaginario comune riporta allo stato primordiale, a quel calcio pane e salame che in tanti rimpiangono e nel quale tutt'ora si identificano. Esistono trasferte mitiche, campi nel quale la Fiorentina ha trionfato in giro per l'Italia e per il mondo. Come dimenticare la gloriosa squadra che uscì sconfitta al Bernabeu dal Real di Kopa, Gento e Di Stefano nella finale di Coppa dei Campioni '57, i Leoni di Highbury che vinsero nel '61 la Coppa delle Coppe, oppure Batistuta che silenzia il Camp Nou ed espugna Wembley; il freddo di Kiev e le lontane Baku o Dnipropetrovsk.
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STORIE VIOLA – La nevicata di Gubbio e un mito da sfatare
Perché negli anni si è dato importanza ad una trasferta "come tante altre" e perché rifarsi sempre a Gubbio come capro espiatorio?
Esiste però un piccolo campo nella periferia calcistica italiana in provincia di Perugia, che possiede qualcosa di mitologico, nostalgico, senza apparenti meriti sportivi. La Fiorentina quel 16 marzo del 2003 si chiamava ancora Florentia Viola, giocava in C2 dopo il fallimento dell'estate precedente e si apprestava a disputare la volata finale per riavvicinarsi al calcio che conta. Lo stadio era il San Biagio – Piero Barbetti di Gubbio, e il clima era più vicino (forse inferiore) agli 0° che all'imminente primavera. Nevicava a Gubbio, ma anche grazie all'ausilio di alcuni dei temerari tifosi viola presenti armati di pale, si giocò una partita nel gelo tutt'altro che memorabile. 0-0 al termine di novanta sofferti minuti per Riganò e compagni, in dieci nel finale per il rosso sventolato al prode Cherubini e graziati all'ultimo respiro dall'incrocio dei pali colpito su rigore da Giovanni Cipolla, il più talentuoso di una banda di onesti mestieranti delle serie minori, che consentì alla Florentia di Cavasin di staccare ulteriormente e definitivamente il Rimini.
Ma perché Gubbio nell'immaginario comune è diventato un posto così leggendario per la storia recente viola e perché in era dellavalliana quando le cose prendono una brutta piega ci si appella a quel gelido giorno di marzo come capro espiatorio? A sfatare il mito riguardante Gubbio e quella partita ci pensa il presidente dell'Atf Federico De Sinopoli, che definisce quella umbra "una trasferta insignificante, una delle tante di quella stagione su cui mettere una pietra sopra". Per chi come lui ha alle spalle quasi 800 viaggi in giro per l'Italia e l'Europa con il giglio sul petto "è una domenica da smitizzare, che non ha cambiato le sorti di quel campionato. Possiamo casomai ricordare quella di Rimini – dove la Florentia grazie al gol della meteora Ekye Bismarck si prese senza più cedere la prima posizione – e la prima ad Arezzo" anche se la voglia di ripensare a quel periodo è poca. E allora è forse giunto il momento di superare la nevicata di Gubbio, momento populista, di unione e divisione, punto di non ritorno e panacea di tutti i mali. Meglio la notte di Anfield, di Eindhoven, la batosta di Siviglia e l'amarezza dell'Allianz Arena, che dibattere ancora su Gubbio e la C2.
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