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La Serie A fa fronte comune: al governo il compito di staccare la spina, sul modello francese?

Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images

Una panoramica sulle decisioni già prese da alcune federazioni europee e quelle che il calcio italiano fatica a maturare

Paolo Poggianti

È verosimile pensare che la Serie A possa tornare in campo già in questa stagione? Questa la domanda - al netto delle sfumature - che tutti ci poniamo. D'altronde nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un rincorrersi di comunicati e repliche piccate che hanno coinvolto tanto i club, quanto le stesse istituzioni. Prese di posizione e accesi scambi di vedute a parte però, l'interrogativo di cui sopra attende ancora una soluzione, come una complicata matassa che tutto sommato non si ha voglia di districare. Il caos comunicativo nel quale quotidianamente siamo immersi rende la discussione surreale, a discapito degli addetti ai lavori, in primis, fino ad arrivare ai semplici appassionati. Legittimamente qualcuno potrebbe dire che, qualora il campionato non dovesse riprendere, riusciremmo a farcene una ragione. Le parti in causa, tuttavia, non sembrano disposte a rassegnarsi, impegnate come sono nel braccio di ferro che le possa esentare dal prendere la decisione finale. Un indirizzo confermato dalla riunione andata in scena nel pomeriggio di ieri, al termine della quale tutti e 20 i club della massima serie si sono detti risoluti a portare a termine la stagione. Il tutto confermando, una volta di più, la propria disponibilità a collaborare col governo, alla cui decisione ribadiscono di rimettersi. Ecco, decisione che, tra una dichiarazione e un passo di lato del Ministro Spadafora - non indietro, perché presupporrebbe una sua posizione finalmente chiara - tarda ad arrivare. Nel frattempo i club, riunitosi come detto per via telematica, hanno affrontato anche la spinosa questione dei diritti televisivi, vero terreno di scontro con l'approssimarsi della scadenza dell'ultima rata che le emittenti, da contratto, dovrebbero saldare. Il condizionale è d'obbligo, ma qualora fosse il governo a decretare lo stop definitivo ed insindacabile del campionato, non sussisterebbero gli estremi per impugnare il contratto o ridiscuterne i termini. L'incertezza è destinata a protrarsi, mentre il tempo a disposizione per riprendere la stagione sembra sempre più risicato. E negli altri Paesi? Risale a pochi giorni fa la decisione del primo ministro francese Philippe di decretare terminata anzitempo la Ligue 1. La federazione transalpina ne ha preso atto, assegnando lo scudetto al Psg, con una classifica calcolata secondo il principio della media punti. La Francia si allinea dunque alle posizioni di Belgio e Olanda che già avevano annunciato lo stop definitivo della stagione. Non solo Europa, anche in Sud America sono arrivati i primi verdetti: non si tornerà in campo in Argentina. È notizia di oggi che la Football Association inglese sta lavorando alla ripresa della Premier League, con i club pronti a ratificare la decisione il prossimo 8 maggio, all'indomani delle nuove disposizioni attese dall'esecutivo a guida Boris Johnson. Con il via libera si tornerebbe in campo già dal 7 giugno. La Spagna, dal canto suo, ricalca il non invidiabile modello italiano, con la ripresa degli allenamenti individuali già dal 4 maggio e la settimana successiva per le sedute in piccoli gruppi. La Liga spera di ottenere il via libera per il fine settimana del 5 giugno, o al limite quello successivo. L'eccezione, infine, è rappresentata dalla Bundesliga che si dice pronta a ripartire con i match a porte chiuse, dall'ormai imminente 9 maggio. Staremo a vedere se la notizia delle prime positività all'interno di un club, annunciate ieri sera, suggeriranno maggior cautela anche alla rigorosa Germania.

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