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L'imbucata

Un ultimo sforzo prima di una delicatissima rivoluzione

Matteo Magrini l'imbucata
Ancora almeno nove partite, sperando siano di più, per questo finale di stagione della Fiorentina. Poi via alla delicatissima rivoluzione.
Matteo Magrini

Ne mancano (almeno) 9 e l'obiettivo, ovviamente, è che in realtà di partite da qua a fine stagione ce ne siano di più. Magari 13, perché no. Vorrebbe dire che oltre alle 7 gare che restano per chiudere il campionato e ai match di ritorno con Viktoria Plzen e Atalanta, la Fiorentina sarebbe chiamata a disputare pure le due semifinali di Conference, la finale di Atene e l'ultimo atto di Coppa Italia. Un po' come al vecchio totocalcio insomma, si punta a fare 13. Obiettivo difficile, sia chiaro, parecchio difficile. Di sicuro, e per tanti motivi, più complesso rispetto ad un anno fa. Il solo fatto che dodici mesi dopo i viola abbiano ancora quella possibilità comunque, basta e avanza per testimoniare il valore del lavoro portato avanti da Vincenzo Italiano e dai suoi giocatori.

Un gruppo ed un allenatore che adesso, appunto, sono chiamati ad un ultimo, complicatissimo sforzo. Serviranno attenzione e ferocia, cura dei dettagli e spirito di sacrificio. Soprattutto, sarà indispensabile che tutti, ma proprio tutti, trovino dentro di se la forza per andare ancora una volta oltre i propri (evidenti) limiti. Vale per ogni singolo giocatore, ma in particolare per quelli che per qualità hanno nei piedi la possibilità di trascinare il resto dei compagni. E se Bonaventura (tanto per citarne uno) ultimamente ha lanciato segnali decisamente incoraggianti, di certo non si può dire lo stesso per Nico Gonzalez. Inutile girarci tanto attorno. L'argentino deve fare parecchio di più visto che di fatto, da quando è tornato in campo dopo l'infortunio, non è più stato nemmeno l'ombra di se stesso. “Voglio tornare il giocatore che quando arrivò a Firenze faceva la differenza”, disse esattamente un anno fa, alla vigilia del quarto di finale di Conference con il Lech Poznan. Detto, e fatto. Ecco. Oggi, che lo dica o no, deve ripetersi.


Il rischio  altrimenti, è che la sua esperienza in viola passi senza che abbia lasciato una vera, concreta, traccia tangibile. Tante belle giocate, qualche sprazzo di altissimo calcio, uniti però a tanti momenti di pausa e a lunghe assenze. Un po' poco, per quello che resta il giocatore più pagato nella storia della Fiorentina. Un marchio pesante, che Nico può cancellare soltanto in un modo: diventando il calciatore che ha riportato in città un trofeo dopo oltre 20 anni. Sarebbe il modo migliore per chiudere la sua avventura all'ombra del Duomo visto che, molto probabilmente, in estate sarà ceduto.

E così apriamo un altro capitolo. Quello legato al futuro, e a quella che quasi certamente sarà e dovrà essere una vera e proprio rivoluzione. Il riferimento è ovviamente a Vincenzo Italiano, salvo inimmaginabili scossoni destinato a salutare, e con lui a gran parte del gruppo che lo ha accompagnato in questi anni. Il ciclo insomma si sta chiudendo, e se a chi lavora sul campo è giusto chiedere che abbiano in testa solo e soltanto questo sprint finale, dall'altro chi siede alla scrivania non può pensare di aspettare la fine della stagione per programmare. Non a caso, da settimane, circolano i nomi degli allenatori che potrebbero raccogliere l'eredità del mister: Gilardino, Palladino, Sarri, Aquilani, con quest'ultimo in nettissima ascesa rispetto a tutti gli altri.

Prima di tutto però, e più che mai in una situazione del genere, sarebbe importante che la proprietà spiegasse chiaramente che percorso (non parliamo di progetto, please) ha in mente: pensa di costruire una squadra giovane, che riparta completamente da zero e che nell'immediato magari ridimensioni un po' gli obiettivi? Oppure si cercherà di crescere ancora, costruendo una squadra che possa davvero (e non solo sperando nei miracoli) puntare ad un salto di qualità? Di sicuro le ultime parole di Rocco Commisso non lasciano troppo spazio ai sogni di chi immagina mercati faraonici o grandi spese: “Faremo tutto cercando di rispettare la sostenibilità. Stiamo crescendo ma la differenza con i grandi club è ancora ampia. A differenza di tanti di loro però noi avremo sempre i conti in ordine e non avremo mai problemi con la Figc, con la Lega e con le associazioni sportive internazionali". Giusto, sia chiaro, e nessuno dotato di un minimo di buonsenso chiede qualcosa di diverso.

Quel che si può pretendere invece è un minimo di ambizione sportiva in più. Quella che a gennaio, per esempio, avrebbe portato la società ad avere un pizzico di coraggio in più nell'aiutare una squadra che si era presentata al via del mercato al quarto posto in classifica. Del resto, se si vuole sul serio provare a competere nonostante le svantaggiose condizioni di partenza, non esistono strade alternative: servono i risultati, ed entrare in Champions o in Europa League (traguardo ancora possibile, soprattutto attraverso le coppe) farebbe o avrebbe fatto tutta la differenza del mondo. E' così, che si può (almeno in parte) colmare il gap.

Di certo, tornando a immaginare la prossima stagione, non sarà semplice. Quando si chiude un ciclo infatti il rischio di perdersi è enorme e quanto successo al Napoli dopo lo scudetto (o alla Fiorentina dopo del post Prandelli) è enorme. Ciò non significa che sia impossibile e Daniele Pradè, il quale dovrebbe da ora in poi tornare ad avere un minimo di autonomia in più, in passato (seppur con la preziosissima collaborazione di Eduardo Macia) ha dimostrato di poterci riuscire. A proposito. Occhio allo spagnolo, perché se Burdisso dovesse andarsene l'attuale diesse una telefonata per sondarne la disponibilità per un eventuale ritorno gliela farebbe (quasi) sicuramente. Quella però, era una Fiorentina che aveva le idee molto chiare e che sapeva benissimo dove voleva andare. E' così, oggi? Non resta che aspettare sperando, finalmente, che qualcuno lo spieghi con parole chiare.

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