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Il controverso caso di Corvino al Bologna

Anche il dg viola, come Pioli, è un ex rossoblù. Ma se il tecnico ha lasciato un segno positivo, Corvino è ancora oggi argomenti di discussione sotto ai portici

Redazione VN

Sulle pagine de La Repubblica si parla del passato di Stefano Pioli e (soprattutto) Pantaleo Corvino a Bologna. I due, in salsa bolognese, in comune non hanno nulla, perché furono protagonisti in epoche diverse, con due proprietà agli antipodi. Pioli ha lasciato molto più di un segno, a Corvino mancò invece il tempo per incidere. E se Pioli è un capitolo chiuso (ed un ricordo positivo), Corvino è ancora, sotto ai portici, argomento di discussione. Il dirigente fu voluto dal presidente Saputo a dicembre 2014, con la squadra in corsa per tornare in A. Il management non ne gradiva la presenza ma fu costretto a subirla.

Fece il mercato di gennaio poi, tornato in A il Bologna, anche quello estivo. Impegnò la proprietà per circa 30- 35 milioni. Da queste parti, sembrava di vivere un sogno. A posteriori molti (da Rizzo a Crisetig, da Pulgar a Donsah) non hanno reso per quello che furono pagati. Però quella di Diawara resta un'operazione sontuosa, ma il regno di Pantaleo durò pochissimo. A marzo del 2016 flirtava già coi Della Valle, vittima di una guerra silenziosa ma chirurgica che gli altri dirigenti (l'ad Fenucci, il consigliere Bergamini e il club manager Di Vaio) gli avevano mosso da tempo. Andarono in Canada da Saputo a perorare la causa e lo convinsero. Ufficialmente, spiegarono che Corvino faceva tutto di testa sua e «non condivideva nulla».