Il presidente dell'AST, associazione stampa toscana, Sandro Bennucci, ha pubblicato una lettera indirizzata al presidente Rocco Commisso sul tema che sta scaldando nelle ultime ore la piazza viola, Giancarlo Antognoni.
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Presidente AST: “Presidente Commisso, Antognoni non si tocca”
Il presidente dell'AST ha pubblicato una lettera aperta indirizzata a Rocco Commisso riguardante il futuro di Giancarlo Antognoni.
Di seguito la lettera:
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“Mi rivolgo direttamente a lei, patron e presidente, Rocco Commisso, anche se l’ultima volta che ci siamo parlati, a distanza, durante quella conferenza stampa che ha fatto il giro del mondo, i toni non sono stati cordiali come avrebbero dovuto essere. Mi rivolgo a lei perché eviti di dare un colpo al cuore a Firenze, impedendo che Giancarlo Antognoni lasci, o sia costretto a lasciare, la Fiorentina. Giancarlo è il mito, il capitano per sempre, quello che rischiò di morire, non nel Franchi ma ancora davanti agli occhi di Artemio Franchi, durante la partita con il Genoa del 1981.
Ed è anche colui che seppe dire no all’avvocato Agnelli, e a un ingaggio ricchissimo, per amore della maglia viola. Antognoni è non solo un simbolo di Firenze (l’abbiamo paragonato al David, alla Cupola del Brunelleschi, abbiamo scritto che è prezioso come le porte del Paradiso del Ghiberti), ma soprattutto è, da mezzo secolo, la Fiorentina. Gli sono mancati lo scudetto e la finale di Coppa del mondo del 1982, per quel maledetto infortunio contro la Polonia, ma i sacrifici in viola sono stati ripagati sempre dall’affetto della gente. Che l’ha considerato, e lo considera, patrimonio dell’umanità fiorentina. Potrei continuare a lungo, anche raccontando «il mio Antognoni»: che conobbi 50 anni fa, a Coverciano, convocato da Azeglio Vicini per la nazionale juniores quando giocava nell’Astimacobi. Che vidi a Zenica per la finale di Coppa Mitropa nel 1972, quando s’infortunò De Sisti e Nils Liedholm fece capire a noi giornalisti di Firenze che lo avrebbe fatto debuttare in serie A, al Bentegodi di Verona, nel fatidico 15 ottobre 1972. Che intervistai per primo, a Careggi, dopo l’operazione alla testa eseguita da Mennonna in seguito allo scontro con il portiere Martina. Che esaltai quando su La Nazione decidemmo di dedicargli un titolo rimasto nella storia e nel cuore dei tifosi: “Il ragazzo che giocava guardando le stelle”
Ecco, potrei seguitare, ma arrivo al dunque: non ho mai capito perché i Della Valle, dopo averlo fatto tornare nella Fiorentina quasi a furor di popolo, vollero tenerlo da parte, come un pregiato soprammobile. Si diceva, ma non so se fosse vero, che la vecchia dirigenza considerasse Antognoni troppo ingombrante. Un nome capace di mettere in ombra altri protagonisti. Antognoni, con il suo stile, il suo garbo, la sua educazione, non ha mai messo in ombra nessuno. Non capisco perché i Della Valle decisero di farlo rientrare in società per non sfruttare il suo immenso potenziale, non soltanto per l’immagine. E nessuno mi venga a dire che la Roma ha riservato lo stesso trattamento a Totti. Nel Milan, Paolo Maldini è utilissimo. E proprio ieri abbiamo salutato Giampiero Boniperti, juventino e signore, che crebbe sotto la guida di Agnelli.
Non ho capito i Della Valle. E capisco ancora meno lei, caro presidente Commisso, che dopo aver considerato Antognoni un patrimonio della società, ha lasciato che scivolasse da una parte, a leggere il giornale, senza valorizzarlo, senza affidargli quell’incarico di primo piano che non sarebbe stata una gratificazione per lui ma un enorme vantaggio per la Fiorentina. Anche come uomo mercato, certo. Nell’epoca di Cecchi Gori, Antognoni portò a Firenze Manuel Rui Costa e altri grandi giocatori. Non ho assolutamente nulla contro Burdisso, che stimavo da giocatore e mi auguro sappia far bene da dirigente, ma a uno come Antognoni non manca proprio nulla per poter aiutare la Fiorentina, soprattutto in un momento delicato come questo. La proposta, che ho sentito ventilare, di un suo ulteriore declassamento in società mi ha lasciato basito. E incredulo. Antognoni fa ombra? Disturba qualcuno? Non è solo un mito, o una bandiera. E’, lo ripeto ancora una volta, la storia della Fiorentina. E non c’è passione per il calcio senza rispetto per la storia. Giancarlo è uno straordinario uomo di sport: che deve poter lavorare al massimo livello per il colore al quale si è legato per sempre. Farlo andare via, caro presidente Commisso, sarebbe una sorta di virtuale retrocessione. Dolorosissima per tutti. E, ne sono convinto, anche per lei”.
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