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Nereo Rocco gli salvò la carriera
—Hamrin era arrivato in Italia con la Juventus, un colpo di fulmine di Gianni Agnelli, ma un infortunio al piede non gli dava pace. Così i bianconeri lo prestarono al Padova, dove lo storico tecnico Nereo Rocco, che poi avrebbe rivoluto Kurt al Milan, gli fece fare da un suo amico ortopedico delle scarpe personalizzate, con suole speciali. Lì nacque veramente la stella dello svedese, che poi sarebbe passato alla Fiorentina per sostituire Julinho. Il resto, se siete tifosi appassionati, lo sapete, o se non lo sapete, lo potete leggere qua.
Pablito Rossi lo idolatrava
—Non vi rubiamo troppo tempo in questo articolo: per questa storia, potete scegliere se vedere un nostro video oppure leggere uno stralcio del racconto di Giorgio Porrà di Sky.
Ha allenato... Sarri
—Incredibile come la Toscana nasconda storie curiose e affascinanti, da Puskas che gioca con il Signa a Kurt Hamrin che allena Maurizio Sarri nel Figline. Tutto vero, è successo negli anni Settanta. "Grande fisico ma piedi scarsi", ha raccontato Kurre alla Gazzetta dello Sport. "Il Sarri calciatore nasce come difensore centrale. Cattivello. Sicuramente duro. Avrei voluto trasformarlo in centravanti. Un bomber di potenza. Al termine della stagione fu chiaro che io non potevo fare l’allenatore e Sarri non era nato per giocare a calcio”.
E pure Chiesa
—In molti gli hanno affibbiato l'etichetta di scopritore di Federico Chiesa, dato che lo ha avuto da piccino alla Settignanese, ma Hamrin ha sempre rifiutato questo appellativo: "Scoperto è esagerato. Nella Settignanese allenavo i più piccini, lui compreso. Enrico lo portava a giocare, non ci voleva molto a vedere che aveva qualcosa più degli altri". E poi ci fa piacere trarre e riportarvi un suo ricordo, sempre alla Gazzetta e in particolare nell'intervista concessa al collega Luca Calamai per l'80esimo compleanno:
"Avevo 8 anni e con altri amici avevamo organizzato una partita nel cortile di casa. Due pietre al posto dei pali, un pallone vecchio che rimbalzava male. Dopo pochi minuti superai in dribbling 6-7 bambini e feci gol. Andai subito a cercare con lo sguardo mio padre. Mi aspettavo un sorriso, un applauso. Invece, niente. E la sera a cena mi disse: 'Kurt, a calcio si gioca in undici'. Una lezione che mi ha accompagnato per tutta la carriera"
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