Bagagli pronti, macchina pure, la strada è lunga ma porta a casa: per Alberto Di Chiara è un weekend da trascorrere a Roma tra impegni familiari e svaghi legati alla musica, quella di Renato Zero in concerto al Circo Massimo in particolare. C'è giusto il tempo di fermarsi al bar per un quarto d'ora e fare colazione. Ma a Firenze, si sa, la colazione al bar è accompagnata, oltre che da un buon caffè, anche dalla domanda: "Oh, ma questa Fiorentina icché fa?". Alberto, che il giglio sul petto ce l'ha avuto dal 1986 al 1991 e che oggi è un conosciuto e stimato opinionista, risponde sempre volentieri.
L'intervista
Bello vincere sempre con l’Atalanta, ma vuoi mettere mandarla in Serie B?
"Questa Fiorentina è partita con tante ambizioni, ma ripetersi non è mai semplicissimo. Bisogna che si ritrovi la retta via apportando delle correzioni, con il coraggio di cambiare in corsa per non essere troppo prevedibili in un'annata già di per sé anomala. Gli acquisti sono stati fatti con la tempistica giusta, ma sono delle scommesse, come del resto ne hanno fatte molte altre squadre. Si possono vincere o perdere, per adesso devo dire che dei nuovi mi ha convinto solo Dodò". Cui auguriamo un pronto recupero... Beh, certo, se si parla di campionato anomalo basta vedere il podio dopo sette partite: Atalanta prima, Udinese terza. "E questo fa capire che il livello tecnico si è abbassato, non è più al massimo. Quando c'è una squadra che trova la giusta preparazione e compattezza di spogliatoio si possono vedere cose del genere. Anche il Verona dell'anno scorso è un esempio analogo di concomitanza tra idee e giocatori giusti". E l'Atalanta capolista? "Gasperini sta trovando la chiave corretta, anche se è presto per dare giudizi".
Sentenza
Già, caro Alberto: un giudizio pesante per i nerazzurri l'hai emesso proprio tu sul campo: stagione 1986-87, ultima giornata, c'è Fiorentina-Atalanta al Franchi... "Vero. Fu una partita particolare, era l'ultima giornata e giocavamo contro la Dea dell'allora centrocampista Cesare Prandelli (uscito al 72' per Compagno, ndr), pensa te. E io feci il gol che li condannò alla Serie B all'88esimo minuto: un contropiede, assist di Ramon Diaz sulla mia corsa e diagonale vincente a battere Piotti". E la rivalità con la Fiorentina nasce da qua? "Da quel momento sono stato un po' inviso ai tifosi atalantini, ma come anche lo ero a quelli della Roma che mi rinfacciano sempre di aver segnato nella sconfitta col mio Lecce che qualche anno prima favorì la Juventus. Ovviamente non c'è spazio per i ragionamenti quando sei in campo, ed è il bello del calcio. Non c'era ancora una rivalità particolare tra Atalanta e Fiorentina, noi non avevamo obiettivi e loro dovevano salvarsi, forse questo li ha frenati a causa della tensione..."
Alberto, tu però non ce la racconti giusta: hai citato Ramon Diaz, ma se si guarda la rosa vediamo Pin, Galbiati, Contratto, Gentile, Oriali, Berti, addirittura Baggio e Antognoni per un anno insieme nella stessa Fiorentina. Come cavolo avete fatto ad arrivare noni? "Fa strano, vero? Oggi avremmo lottato per la Champions con quella squadra lì, ma lo sai chi c'era nelle altre di quei tempi? Gli olandesi Gullit, Rijkaard e Van Basten nel Milan, Maradona nel Napoli. Capisci perché dico che il livello si è abbassato? Quell'anno riuscimmo a fare 3 punti su 4 contro Maradona... Quel Napoli vinse addirittura lo scudetto pareggiando con noi il ritorno. Che se ci penso vide il primo gol di Baggio in maglia viola, su punizione, in porta il povero Garella che ci ha lasciati poco tempo fa… Una serie di cose che ricordarle adesso mette i brividi". Eppure qualcosa che non andava c'era. O no? "Beh, io venni preso dal ds Nassi per l'allenatore Agroppi, poi ci fu un terremoto societario e sopraggiunse come presidente Pier Cesare Baretti, eccezionale per rapporti umani con noi giocatori. Mister Eugenio Bersellini, campione con l'Inter anni prima, era vecchio stampo, a fine carriera, ma intenso. Alla fine presi il via, anche se ci furono inizialmente delle incomprensioni tecniche, poi appianate. Un'annata non esaltante, soddisfazioni non assenti ma sporadiche, un'esperienza europea chiusa praticamente subito dal Boavista ai trentaduesimi di finale di Coppa UEFA. Anche quello influì". E speriamo, aggiungiamo noi, che la storia non si ripeta...
Ma tornando al presente...
Quando sente parlare di costruzione dal basso, Di Chiara storce il naso: "Non ho ancora capito a cosa serva… L'Inter ci ha rimesso un campionato, sarebbe il caso che i portieri ricominciassero a parare. Italiano, comunque, ha iniziato a fare di necessità virtù: se la squadra fa fatica a carburare e i giocatori non rendono in certe posizioni, un allenatore bravo apporta naturalmente delle modifiche. Almeno ci prova, ed è quello che abbiamo visto col Verona". Quindi avanti con Kouamé a scapito di Jovic e Cabral: Il triangolo no! "Ma certo! Kouamé partecipa al gioco, crea occasioni, si butta negli spazi. Ha mostrato di essere in condizioni migliori rispetto agli altri due, che ora stanno diventando un problema. Italiano deve valutare quello che ha tra le mani, la scelta di accantonarli entrambi è un segnale forte. Se non vede prospettiva, è giusto comunicarlo alla società in vista della mega-pausa con mercato annesso. Soprattutto per Cabral, che a differenza di Jovic è costato una cifra non indifferente". Caffè finito, batterie ricaricate, pronti per un weekend di calcio e musica. Quella di Renato Zero per Alberto, quella frenetica da ballare al Gewiss Stadium per Italiano e la sua Fiorentina. Finalmente si ricomincia.
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