Lasciamo stare moduli, tattica e gioco, la differenza che più spicca con il predecessore Montella, è che a Paulo Sousa piace dialogare. Con i suoi ragazzi, ma anche con chi sta a bordocampo. Non passano inosservati i quasi cinque minuti di colloquio, fitto fitto, con Nilde Rossi, la mamma di Giuseppe, che ha colto al volo l’occasione di vedere il figlio allenarsi a una quarantina di minuti da casa sua, a North Haledon. Sorride Sousa, senza rivelare i contenuti di quella conversazione: «L’uomo non si separa dal calciatore. Sono contento che la sua famiglia lo segua con questo amore, perché è un fattore importante per la serenità di chiunque. Mi ha fatto piacere che la Fiorentina abbia permesso loro di essergli vicino». Il sorriso si spegne lì. Perché, poi, Sousa è costretto a parlare dell’addio di Stefan Savic e il buonumore si smorza inevitabilmente. Dice: «Io faccio l’allenatore e tutti gli allenatori vorrebbero accanto a sé calciatori di qualità come Stefan. La società però fa le sue scelte, cercando comunque il bene di tutti. Ne prendo atto. Ora toccherà a me migliorare la difesa nonostante la perdita di un pezzo importante».
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Sousa alla Gazzetta insiste: “Savic era importante”
Così il tecnico portoghese: “Ora dovrò lavorare sulla difesa”. E la frase finale…
Quanto è lontana questa Fiorentina da quella che ha in mente?
«C’è ancora un bel margine per progredire e molto lavoro da fare per arrivarci. D’altra parte, quando ci sono giocatori in arrivo e in partenza non è mai facile. Dobbiamo ripetere più volte i temi di apprendimento e ricominciare. Quando il mercato sarà finito, potrò occuparmi finalmente dell’aspetto mentale».
Che cosa c’è da migliorare?
«Un po’ tutto. Il calcio è uno sport complesso e sono fondamentali i dettagli, sia sul piano individuale che collettivo. Ci manca la condizione. E dovremo sfruttare queste amichevoli per metterci in forma per l’inizio della stagione».
A proposito, dopo il Psg, vi attendono il Benfica, il Barcellona e il Chelsea: altri test impegnativi, con il rischio di far brutta figura.
«Ma quel timore porta con sé l’opportunità per tutti di crescere. E’ vero che non siamo al massimo, che ci sono arrivi e partenze per operazioni di mercato, ma questo rischio mi intriga perché permetterà di migliorare e capire i limiti di certi giocatori e della squadra. Sarà più facile apportare dei correttivi in fretta prima dell’inizio del campionato».
Prime impressioni su questa trasferta Usa: le piace?
«Il campo per allenarsi è perfetto, il clima un po’ meno (caldo torrido, ndr). Altre cose mi piacciono di meno. Ma per chi da piccolo ha avuto poco, qua è il top. E poi le difficoltà fortificano, no?». L’ultima frase la pronuncia con un pizzico di sarcasmo. Difficile capire se sia diretta a qualcuno in particolare.
La Gazzetta dello Sport
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