Sul Corriere Fiorentino troviamo, a firma Ernesto Poesio, un lungo articolo di saluto a Paulo Sousa, arrivato ormai alla fine della sua esperienza alla Fiorentina. Eccone un estratto: "Accanto a lui non mancherà di certo il fidato consigliere, Sem Moioli il tuttofare, l’uomo che fin dall’inizio è divenuto il tramite fra la Fiorentina e l’allenatore, fra Firenze e il portoghese. Tanto che i contatti tra Sousa e il resto del mondo viola sono divenuti, giorno dopo giorno, sempre più formali e diffidenti. Come al centro sportivo, dove in tanti sono stati costretti non senza rimpianti a fare le valigie (da Guerini a Ripa fino allo storico massaggiatore Fagorzi e a capitan Pasqual) e dove l’aria è diventata via via sempre più pesante con divieti per chiunque perfino di affacciarsi sui campi di allenamento, per non parlare dei doppi alberghi in trasferta, così da dividere la squadra e il suo staff da tutto il resto della comitiva. (...)
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La metamorfosi di Paulo Sousa: le frecciate, gli addii e un clima difficile al centro sportivo
L'evoluzione di Paulo Sousa nei suoi due anni trascorsi alla Fiorentina
Dopo un mese di lavoro in ritiro i primi scricchiolii non avevano preoccupato granché («dobbiamo fare le omelette con le uova che abbiamo», commentò così il primo mercato viola) prendendoli più che altro per semplici battute, è a gennaio dello scorso anno dopo non aver ricevuto i rinforzi sperati che il fiume (di parole) ha iniziato a straripare senza più tornare indietro. «Non smetto di sognare ma sono più realista rispetto ai miei primi mesi alla Fiorentina. L’anno scorso spingevo per il sogno, adesso per la realtà», così a ottobre scorso Sousa ha scelto di chiudere anzitempo il suo rapporto con la Fiorentina nel tentativo (in realtà non riuscito) di smarcarsi dalla società, allontanando dal proprio operato le responsabilità delle difficoltà sul campo. Passano (faticosamente) i mesi, ma il tono non cambia anzi. Tanto che è il dopo gara di Sampdoria-Fiorentina a Marassi a sancire definitivamente il punto di non ritorno tra lui e il club: «Alleno questa squadra, ma non è la mia». Frecciate che diventano macigni, benzina sul fuoco sul rapporto (già difficile) dei Della Valle con una parte della tifoseria".
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