Questa è è la storia di una piccola grande rivoluzione, con il cielo capovolto e il cuore a rischio. Questa è la storia di una partita destinata a rimanere tatuata sulla pelle di uomini, donne e bambini. Di chi c’era. E anche di chi l’ha vissuta altrove: alla radio, in tv. Il 20 ottobre del 2013 c’è il sole, e allo stadio quella sfida che per Firenze significa mangiare poco e parecchio al volo prima di correre più velocemente di sempre al Campo di Marte. Motorini che sgassano, auto in coda, gli autobus che non si sa come riescano a chiudere le porte, con tutta quella gente accalcata dentro. Tutti verso Fiorentina-Juventus. Il calcio è in crisi? Sì, certo, ma non oggi, non qui. E poi l’autunno, con tutte le sue regole cromatiche ed esistenziali. Vaghi ricordi d’estate, luce violenta che taglia l’aria tra le case, alberi che si preparano a lasciar volar via le foglie. E intorno a te svolazza anche un pensiero. Questo: siamo davvero provinciali quando sentiamo questa sfida come una specie di finale? Provinciali forse un po’. Sognatori sempre. Perché chi tifa viola sa bene di non avere la bacheca piena zeppa di trofei, ma sa anche godersi quello che arriva con entusiasmo a mille. (...)
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Ferrara scrive: “Pepito Rossi, la Juventus, e l’impresa dei sognatori”
Ottobre 2013, i bianconeri stanno travolgendo i viola al Franchi. Un destro amaro come altre volte, ma Rossi e gli altri si ribellano. E la rimonta diventa un’impresa
Intervallo depresso, dopo che Tevez che segna dal dischetto e poi imita la mitraglia di Batistuta. Ehi, porta rispetto. Sei forte, ma non come il Re Leone. Poi anche Pogba imita il compagno che ha imitato il Re Leone. Addio. Mah. Ti torna in mente per forza quello 0-5 che speravi di veder sbiadire almeno un po’. Qui servirebbero degli eroi. Tipo quelli che «arrivano i nostri» e la pellicola cambia strada e il bambino che è in te inizia a sorridere dopo essersi preso paura. Bravo questo sceneggiatore. Gli eroi arrivano davvero, e sono gli stessi che stavano sprofondando in fondo al burrone. Ci sarà soprattutto Pepito. Ma è bene dirlo: prima di lui c’è Neto, che salva con un miracolo la sua porta dal terzo gol dei bianconeri. Da qui in poi la storia cambia strada e colonna sonora. Applausi, boati, cori, felicità. Un rigore che Rossi non sbaglia. Poi sempre lui che da fuori oltrepassa Buffon. Un soffio e la tristezza è stata spazzata via. Con la paura. E il Franchi spinge avanti il sogno. E quelli che «fine alla fine» hanno all’improvviso gli occhi spenti. Ecco Joaquin. Il cuore in gola. Ma siamo impazziti? Conte ha lo sguardo puntato nel vuoto, la Juve non sembra più la Juve, ma Cuadrado però sembra Cuadrado e vola più veloce che mai dove nessuno può, e dove lui la mette per Pepito, che firma la fine con il quarto gol, il terzo per lui, che è già pronto a portarsi il pallone a casa. Questi sono i frammenti di un ricordo non troppo lontano. La Fiorentina di Montella esplode in un giorno di ottobre ribaltando una squadra che da lì in poi marcerà dritta verso lo scudetto. Conte rifarà vedere ai suoi il tracollo prima di ogni sfida, perché è importante avere chiaro in testa cosa fare, ma anche cosa non fare, se vuoi uscirne a testa alta. E per Firenze ributtare lo sguardo indietro, tra un lancio di Antognoni, un gol di Batistuta e una giochessa di Pepito non significa vivere di ricordi, ma di riconoscenza. Vuol dire ritrovarsi in una scelta del cuore e scrutare la mappa di un viaggio. Ci sono partite che restano come segni profondi: da zero-due all’estasi, questa è la storia di una rivoluzione lunga quindici minuti, quelli incisi per sempre nel cuore di una città.
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