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Ferrara scrive: “Corvino e Pradè, destini incrociati tra intuizioni e flop”

I due dirigenti protagonisti delle ultime stagioni viola si ritroveranno domenica da avversari per Sampdoria-Fiorentina

Redazione VN

Non esistono dirigenti di pallone che non sbagliano. Giocatori fantasma, gente improbabile, pedine di rinterzo finite per caso nello spogliatoio. Poi ci sono i colpi: buoni, meno buoni, mancati, infortunati, indimenticabili. Domenica a Genova, contro la Samp, la sfida sarà anche quella tra Daniele Pradè e Pantaleo Corvino, due uomini maledettamente diversi, come stile, metodi, ambizioni. Il loro incrocio a Firenze è stato curioso, perché l’addio del mago di Vernole e della peggior Fiorentina degli ultimi decenni (quella di Sinisa e Delio Rossi), è stata seguita dalla rinascita firmata Pradè, Macìa e Montella. Il gioco, i risultati, e una squadra che diventa un modello in Europa. Lo stadio, quello svuotato dalla tristezza, che riscopre piccole e grandi gioie. Poi quel modello va in crisi. La solita storia: perché non fare un altro piccolo passo già che siamo qui?

Ci aveva provato Prandelli, poi è arrivato Montella e poi Paulo Sousa. Gente non sempre facile e comunque poco amata da coloro che decidono: Ramadani e Cognigni. Sono stati loro a rivolere Pantaleo Corvino sul trono della società. Si trattava di vendere e abbassare il monte ingaggi: chi meglio di lui? D’altra parte è giusto dire che ogni dirigente si misura con gli obiettivi dei suoi padroni. Il primo Corvino, quello dell’era Prandelli, era più giovane e aveva mano libera nel costruire la squadra. Diego aveva fame di calcio, la città tornava tra le grandi dopo l’inferno gelato di Gubbio. Poi, anche allora, arrivò lo stop. Più facile la vita per Daniele Pradè, sostenuto dalle ambizioni di Andrea Della Valle. Soldi, e anche idee: Borja Valero, Gonzalo Rodriguez, Pizarro, Aquilani, Cuadrado, Savic e via dicendo. Poi anche Gomez e Rossi, le scommesse fatte con altri agenti, alcuni poco amati dal mitico presidente esecutivo e da colui che in società chiamano sogghignando il vero presidente, cioè Fali Ramadani. (...)

L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica

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