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La Fiorentina torna prepotentemente sulla rotta balcanica. Ancora Partizan, come ai tempi di Jovetic, Nastasic e Ljajic. Tre colpi dell’era di Pantaleo Primo, quello con meno anni e più soldi da spendere, Re di Vernole, principe del Campo di Marte e gran feudatario di mezza Belgrado, perché l’altra mezza è della Stella Rossa. Altra parrocchia, insomma. Nikola Milenkovic è un difensore centrale classe ‘97. Un ragazzo oggi, una futura plusvalenza quasi certa domani o dopodomani. Così come il giovane Vlahovic, attaccante classe 2000, che se va come tutto deve andare arriverà a gennaio 2018. Ramadani Boys, come tanti altri arrivati a Firenze dai balcani in questi anni. Qualche talento vero, molti solo presunti in mezzo a un giro globalizzato di super pacchi che van sempre messi in conto.
Fu Sergio Berti il primo a seguire il vento dell’est. Agente di Vieri, Oliveira e tanti altri calciatori del nostro campionato, Berti da Pistoia comprese che con la caduta del muro in quella che era la Jugoslavia si stava aprendo un mercato pazzesco per i brasiliani d’Europa, talenti a costi contenuti in un supermercato dove l’astuzia e il lavoro garantivano ricchezza. Berti aveva portato in Italia Mihajlovic (consigliato molti anni dopo a Corvino per la panchina della Fiorentina) e Jugovic. Fu sempre lui a presentare Fali Ramadani a Mario Cognigni, inaugurando così l’era della grande C, quella piazzata in fondo ai cognomi dei giocatori che arrivavano a frotte. (...) Perché anche questo è il calcio. Un gioco di società: c’è chi spende e chi guadagna. E poi c’è anche chi vince: ma quella è un’altra storia.
L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica
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