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Superlega: ecco a chi conviene e con quale formula

Il punto sulla creazione di un campionato fra le maggiori squadre europee

Redazione VN

Vediamo insieme un approfondimento fatto dal sito  calcioefinanza.it sulla creazione del supercampionato europeo comunemente individuata come Superlega che si arricchisce ogni settimana di un nuovo capitolo.

L’ultimo in ordine di tempo è quello del vertice delle squadre inglesi in seguito al quale è emersa una certa prudenza delle stesse squadre inglesi all’accettare la creazione del nuovo campionato, giusto per non dire diffidenza o contrarietà. Lo scarso interesse delle squadre inglesi è presto giustificato: oggi la Premier League è il campionato più ricco del mondo in termini economici. In Premier i diritti tv valgono di fatto più della Champions League. Chi vi partecipa dall’anno prossimo avrà un minimo garantito di 150 milioni.

Ma il dato importante che si deduce da questa opposizione è un altro. Finora nessuno è stato chiaro su un punto chiave: Superlega significa che i top club usciranno dai loro campionati nazionali e ne giocheranno uno europeo? Oppure si tratta di un modo per identificare una nuova formula per la Champions league? Nel primo caso è lecito chiedersi a chi realmente converrebbe, tra i club europei, l’abbandono dei propri campionati nazionali per entrare in una eventuale nuova Superlega?

Vediamo campionato per campionato la situazione partendo dalla Serie A. Oggi la situazione vede la Juventus egemone sul piano sportivo con una quota di diritti tv che oscilla tra i 100 e i 125 milioni di euro e che di fatto copre interamente gli ingaggi di una stagione. Se la Juve ha grosse ragioni Milan e Inter ne hanno di enormi. Per tornare competitivi i due club hanno bisogno di investimenti. I bilanci oggi non permettono grandi margini di manovra: un campionato di livello europeo invece aumenterebbe lo status di due brand già forti. Anche le altre non avrebbero che da guadagnare

In Francia e Germania i primi due club a cui vengono associati sono PSG e Bayern Monaco. Egemoni in patria parigini e bavaresi sono già competitivi al massimo livello in Europa. Economicamente sono solidi e (a differenza della Juventus, in questo senso decisamente più parsimoniosa) hanno soci sempre disponibili a immettere capitali freschi in un’ottica di crescita. Per entrambi i club si tratterebbe di rinunciare di fatto a campionati vinti a mani basse, ma il mercato televisivo appetibile rappresenta la spinta decisiva. Ligue 1 e Bundesliga sono i campionati televisivamente meno appetibili: lasciarli non sarebbe un trauma. Per gli altri club secondari (diciamo Borussia Dortmund in Germania, Lione e Marsiglia in Francia, ma vale il discorso fatto sopra per i club “minori” italiani) il salto europeo sarebbe del tutto interessante.

E veniamo alla Spagna dove oggi Real Madrid e Barcellona sono i due club più ricchi al mondo e hanno possibilità di vincere ovunque, perchè cambiare? Gli altri club sapendo di non poter competere per il titolo se non sporadicamente possono concentrarsi su altro: fanno storicamente meno mercato all’estero e puntano di più sui giovani. Ma così facendo finiscono per puntare tutto sull’Europa – dove le chances di alzare un trofeo sono maggiori – ottenendo i migliori risultati di tutti. Il nuovo accordo dei diritti tv della Liga (per la prima volta collettivo, mentre prima era individuale) premierà proprio questi secondi club bloccando di fatto intorno ai 150-160 milioni gli introiti di Barcellona e Real Madrid.

I club inglesi infine si trovano di fronte ad un paradosso. Per ricavi sono i più ricchi di tutti (l’arrivo del nuovo contratto tv da 7 miliardi l’anno garantirà circa 150 milioni l’anno a tutti). Il campionato perciò diventa difficile con molte squadre papabili per la vittoria. Le inglesi preferirebbero che tutto fosse discusso in termini di nuova formula di Champions League, con licenze (ovvero posti garantiti) per i club dal maggior blasone e con i fatturati più alti.

Dunque nuova Champions o campionato fondato ex novo. Se si finisse su questa seconda soluzione non è detto che non si provi a salvare capra e cavoli con l’espediente delle squadre B, ovvero un Barcellona A che gioca la Superlega e un Barcellona B che scende in campo nella Liga. Certo, andrebbe considerata la perdita in termini di diritti tv dei campionati nazionali, ma l’impressione è che i mediopiccoli possano avere tutto l’interesse a sfidare comunque i grandi, anche se privati a livello nazionale dei giocatori della loro rosa di Superlega.