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BV 1990: Addio ad un silenzioso tifoso

La mia generazione è cresciuta con la serie A 16 squadre. Quella che vinceva lo scudetto partecipava alla Coppa dei Campioni, quelle che seguivano alla Coppa U.E.F.A. – in numero …

Redazione VN

La mia generazione è cresciuta con la serie A 16 squadre. Quella che vinceva lo scudetto partecipava alla Coppa dei Campioni, quelle che seguivano alla Coppa U.E.F.A. - in numero variabile - e quella che vinceva la Coppa Italia alla Coppa delle Coppe. Le ultime tre retrocedevano nella serie cadetta lasciando il posto alle prime tre del campionato di serie B. Gli incontri di calcio si disputavano tutti contemporaneamente (salvo rare eccezioni) la domenica pomeriggio alle 15.00. L’orario di inizio era poi anticipato - mai però prima delle 14.30 - o posticipato in base alla stagione. Per vedere la partita dovevi andare allo stadio. Buffo eh?

Quando si rientrava a casa, felici o delusi, si aspettava con ansia l’orario della trasmissione televisiva “90mo minuto” che in anteprima rispetto a tutti faceva visionare dei servizi sulle otto partite di campionato. I collegamenti con le varie sedi erano uno spasso: telecronisti tifosi raccontavano a modo loro gli incontri con la cadenza linguistica delle loro origini e lanciando anche provocazioni a colleghi simpatizzanti magari della squadra con cui la propria era in lotta per qualcosa. Spesso sfoggiavano abiti inguardabili: con il bianco e nero non ci si accorgeva quasi di nulla; l’avvento del colore ha smascherato vestiti adatti alle scene de “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi più che a collegamenti televisivi. A guidare dallo studio centrale questa splendidamente eterogenea compagine c’era un signore dai modi garbati, mai sopra le righe, sempre affabile e piacevole: il calcio italiano della domenica pomeriggio era solo e soltanto lui, Paolo Valenti. Romano di nascita e laureato in lettere, Paolo faceva parte di quella scomparsa schiera di veri giornalisti che non hanno bisogno di urlare o provocare per mancanza di idee o contenuti. La sua palestra era stata, come per tutti all’epoca, la radio: per raccontare gli eventi senza le immagini o avevi i numeri o lasciavi perdere.

I suoi modi affabili e la signorilità con la quale trattava tutte le squadre del calcio italiano - dal Palermo al Torino, dal Cagliari al Lanerossi Vicenza - ne faceva un personaggio di casa, amato e rispettato da tutti.

Soltanto quando, il 15 di novembre del 1990 a soli 68, anni un male vigliacco lo ha portato via all’affetto della sua famiglia e a tutti noi, abbiamo saputo che era tifosissimo della nostra Fiorentina. Del resto non poteva che essere così.

Massimo Cecchi - museofiorentina.it