Come vive questa vigilia, signor Viviano?
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Viviano: “Se battiamo la Juve offro la cena”
“E’ bello essere ‘matto’. A Firenze ho coronato un sogno” (COMMENTA)
«Come tutte le altre, in fondo è una partita che vale sempre tre punti. Anche se sappiamo bene che per la città, per la gente, non è così. Come mi hanno ricordato quelle due signore che ho incontrato per strada prima di arrivare all’allenamento».
Quali signore?
«Due tifose, avranno più di settant’anni. Mi hanno fermato di prima mattina e si sono raccomandate di battere la Juve».
Non si raccomandano solo loro, appunto, e lei dovrebbe saperlo bene visto che tanti anni fa era uno di quelli che raccomandava la stessa cosa a Toldo, Batistuta o Rui Costa.
«Già, avevo 12 anni, giocavo la mattina e poi di corsa a casa per trangugiare il pranzo e volare allo stadio. Allora non c’erano Sky e Facebook, c’era lo stadio dove giocava la squadra con la maglia viola e basta. Firenze, da questo punto di vista, è un’isola felice».
In che senso?
«Certe cose succedono solo qui. Nonostante il calcio sia cambiato, nonostante le tensioni e i problemi di oggi anche nelle tifoserie, qui si respira sempre la stessa passione, la gente riesce a coinvolgerti dalla testa ai piedi anche se tu non volessi. E di certo non è il mio caso, anzi, io l’ho sempre voluto con tutte le mie forze».
E’ arrivato, anzi tornato, troppo tardi?
«Al momento giusto. In passato il mio nome circolava spesso ma qui c’erano portieri molto forti e questo mi metteva anche in imbarazzo, fermo restando che comunque non avrei trovato spazio. Poi, quando la nuova dirigenza mi ha offerto questa opportunità, era logico che avrei fatto di tutto per sfruttarla. E ora eccomi qua, il sogno di una vita che si realizza».
(...)
Nel frattempo anche Firenze è cambiata molto, non solo il calcio.
«Rispetto ad allora è come se vivessi in due città diverse, anche perché adesso ho casa vicino al Ponte Vecchio e rispetto a Peretola è tutto un altro mondo, io il centro prima non lo conoscevo nemmeno».
Che vuole che sia, tanto di mestiere fa il portiere.
«Il mio allenatore nelle giovanili, Manzini, mi diceva sempre: va bene che i portieri son tutti grulli ma te tu te n’approfitti…la verità è che quando scegli un ruolo dove ti butti fra le gambe degli altri, dove pigli pallonate, calci, sbatti nei pali e se sbagli ti insultano tutti, tanto normale non puoi essere. Però con la mia follia ci convivo benissimo perché ha mille risvolti, mille sfumature che dal di fuori magari non si vedono nemmeno ma dentro tu sai di essere matto ed è bellissimo. Così come è bellissimo fare il portiere perché ci si ritrova soli, contro gli avversari, a volte anche contro i compagni perché magari sono loro a deviarti il pallone in rete, un uomo solo contro tutti».
E domani sera Buffon.
«Gigi è stata una scoperta della maturità, diciamo così».
Sarebbe?
«Da ragazzo il mio idolo era Toldo perché in porta nella Fiorentina giocava lui, poi quando ho iniziato a giocare anch’io ho capito che chiunque faccia il portiere non può che avere come punto di riferimento Buffon».
Bella forza, si sapeva.
«No no, aspetta, non come la intendete voi. Il ruolo del portiere è il più difficile da giudicare e anche fra i giornalisti, senza offesa eh, nove su dieci non capiscono nulla. Magari lui fa 4 o 5 parate che tutti definiscono di ordinaria amministrazione e invece io, che sono portiere, le vedo come interventi che fanno la differenza. La qualità che lo mette un pianeta sopra gli altri è la capacità di leggere le situazioni contingenti. In più a me piace anche il suo atteggiamento, essenziale, diretto, non fa mai sceneggiate».
Non sarebbe bello parargli un rigore sotto il naso? Proprio come le è riuscito sabato a Parma?
«Per la verità un rigore contro la Juve l’ho già parato quando giocavo nel Bologna, quello a Iaquinta che è diventato famoso per la simulazione di Krasic. E comunque domani sera sarebbe meglio non prenderlo proprio, un rigore contro. Anche senza quello la Juve è già una bella gatta da pelare».
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Come si fa a batterla, la Juve.
«Cercando di tenere il suo ritmo, e facendo gol. Noi vogliamo vincere. Anche se avremo di fronte la squadra più forte del campionato, due spanne sopra le altre, che purtroppo rischia di vincerlo a mani basse. Dico purtroppo perché fino all’ultimo spero che non succeda».
E se domani sera ce la fate?
«Offrirò una cena a tutta la squadra, promesso».
Ultima cosa: due parole su Conte?
«Di lui parlo solo se spengi il registratore». Non importa, grazie, abbiamo capito lo stesso.
Laura Alari - La Nazione
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