Il passato (e il futuro) in una mano. Aperta. Per un gesto d’intesa, per riconoscere l’uno i meriti dell’altro. Un «cinque» a fine partita, vigoroso, a voler sottolineare che stendere la Roma a suon di gol deve poter essere la cosa più normale del mondo quando in campo c’è uno come Gomez, e fuori il miglior talento delle panchine italiano degli ultimi anni. Un «cinque», come i gol che SuperMario ha insaccato uno dietro l’altro nelle ultime tre partite giocate e che hanno definitivamente restituito alla Fiorentina il campione tanto sognato. Per questo, nel fermo immagine di Montella e Gomez che si scambiano i complimenti c’è la fotografia che i tifosi (con Della Valle in testa) aspettavano da tanto, troppo tempo. Ma anche la pazienza e la capacità di non mollare, di insistere senza abbattersi, anche quando l’avventura del tedesco a Firenze sembrava ormai giunta al bivio decisivo. Per questo ci piace pensare che non sia un caso che il cambio di marcia sia arrivato proprio quando anche Montella sembrava aver perso la pazienza. Quelle parole di sfida, quel «Mario ora deve dare di più», hanno tolto ogni velo, ogni alibi e regalato a Gomez quel pizzico di cattiveria in più che può cambiare la storia di una partita. Perché Montella lo aveva capito. Sapeva che il suo campione aveva bisogno di sentirsi trattato come gli altri. Di tornare alla normalità, in tutto e per tutto. Che per uno come Mario Gomez vuol dire gol a raffica, reti decisive, pugni da ko anche, e soprattutto, nelle grandi partite. Come lo scorso anno a Torino con la Juventus, questa estate con il Real Madrid e mercoledì all’Olimpico. Tante facce della stessa medaglia. Quella col volto di SuperMario.
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Vincenzo, Mario e quel ritorno alla normalità
Il passato (e il futuro) in una mano. Aperta. Per un gesto d’intesa, per riconoscere l’uno i meriti dell’altro. Un «cinque» a fine partita, vigoroso, a voler sottolineare che stendere …
Corriere Fiorentino
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