Se un giorno vi chiederanno com’è stata la stagione 2013/2014 della Fiorentina, raccontategli la storia di questa finale. Praticamente un Bignami di quello che è stato. Qua non vi raccontiamo del triste contorno. Quella è un altro triste capitolo. Qua vi diremo del calcio giocato, se quella di ieri vinta dal Napoli 3-1, si può considerare (comunque) una partita di pallone. L’attesa, il sogno, la sensazione di essere (perennemente) ad un passo da qualcosa di grande. Poi, però, ci si mette la sfortuna. Infortuni, squalifiche, assenze. Mancava Gomez, ovviamente, non c’era Cuadrado, Pepito non poteva giocare dall’inizio (è entrato al 28’ della ripresa). E poi Neto col dito infortunato, Borja con la tendinite, Gonzalo recuperato da una tonsillite, Mati Fernandez a mezzo servizio. Quella dell’Olimpico, in pratica, era una squadra di reduci. Fiaccati da mille vicende, ma con tanto, tanto cuore. (...)
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Un tempo per uno ma non basta il rientro di Rossi
Serata viola sfortunata come tutta questa maledetta stagione
Largo a centrocampisti, trequartisti e via di possesso palla. Da centrocampo in su, la Fiorentina dell’Olimpico, è una specie di squadra di calcetto. Piedi buoni, qualità e zero punti di riferimento. Almeno nelle intenzioni. Pizarro in cabina di regia. Ai suoi lati Aquilani e Vargas. In pratica, senza mediani. E poi Borja Valero. Un po’ mezzapunta e un po’ centravanti ombra. Davanti, Joaquin e Ilicic. Un esterno e un trequartista. Del resto, come diceva Guardiola? Il centravanti è lo spazio. (...) E’ il 71’, e quando Rossi entra l’Olimpico trema. Di emozioni, per i tifosi viola, di paura, quelli del Napoli. Gli ultimi dieci minuti (con gli azzurri in dieci) sono un assalto. Basta schemi. Solo passione. E voglia di crederci. Fino al gol di Mertens che chiude questa incredibile stagione.
La Repubblica
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