Alle 20.27 finisce tutto. Gonzalo attraversa il campo lentamente, Andrea Pirlo appoggia la palla sull’erba. Non vorresti guardare e invece guardi. Quel maledetto pallone arriva dove il suo padrone lo vuole sistemare. Un disegno perfetto. E il cuore balbetta, il fiato sparisce. E’ finita. Ed è finita prima della fine. I bambini sperano ancora, chi ha il cuore adulto sa che servirebbe un miracolo pazzesco per uscire fuori da qui con il sorriso. Niente miracolo. Niente più Europa. Sarebbe stato bello, invece no. La Juve non scherza. Quel 4-2 gli era rimasto qui. La sua vendetta è questa. Resta un forza viola gridato al cielo. Orgoglio intoccabile. Resta l’idea che comunque ok, perché tutti hanno dato tutto. E anche a Gonzalo hai poco da dire, fino a quel momento aveva giocato benissimo. E Llorente andava fermato. Sarebbe andato in porta. Una distrazione, una sola, che basta per tirarti giù.
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Un gruppo che ha davanti un futuro
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
E adesso possiamo discutere di tutto. E mettere il piede dentro la primavera con cento domande. Le alchimie tattiche di Montella: la posizione di Cuadrado, l’errore di Ilicic, la sostituzione di Gomez con Matri. Uno era stanco, ma l’altro proprio non si è visto. Discorsi, appunto. Ma la sconfitta può essere riassunta in un concetto piuttosto semplice: se non riesci ad approfittare delle occasioni che ti capitano, ci sta che poi paghi un prezzo alto, molto alto.
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