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Tutti contro il Lipsia di Compper e Rebic

Toro Rosso non avrai il mio scalpo. Perché tutto il resto te lo sei già preso. Il nome della squadra, che ai tempi della Ddr era il Leipzig Markranstadt e …

Redazione VN

Toro Rosso non avrai il mio scalpo. Perché tutto il resto te lo sei già preso. Il nome della squadra, che ai tempi della Ddr era il Leipzig Markranstadt e adesso è diventato il RasenBallsport Leipzig, per le tv un più commerciale Red Bull Lipsia. Il nome dello stadio, che si chiamava Zentralstadion e ora è il Red Bull Arena. I colori della maglia, che per il momento restano il bianco della maglia e il rosso dei pantaloncini com’era ai tempi della quinta divisione tedesca, ma che lo sponsor vorrebbe a scacchi blu e argento, come le lattine della sua nota bevanda alla taurina. Toglieteci tutto ma non la tradizione, hanno gridato domenica gli ultrà del Lipsia. Che per la prima volta sono scesi in piazza a protestare contro l’invadente mecenate, chiedendo aiuto anche ai tifosi delle altre città: no al calcio moderno, «no alla svendita delle nostre tradizioni!». C’è di mezzo il pallone e una certa nostalgia: «La vecchia squadra è ormai scomparsa — grida la curva, con un documento letto al megafono — e ha preso il nome d’un marchio globale. Non vogliamo i mercanti negli stadi. Ridateci la vecchia passione!».

Dal rosso Kapital al Toro Rosso, è uno choc per chi prima del Muro andava a vedere il vecchio Lipsia comunista. Sul web, il Red Bull è oggetto di boicottaggi e insulti: «Mai una squadra tedesca è riuscita ad attirarsi tanto odio dalle altre tifoserie», scrive la stampa. «Che finale amaro», commenta il filosofo Gunther Gebauer, tifoso da sempre. Protestano anche le altre società dei campionati minori, chiedendo un tetto agli investimenti: «Se un colosso mondiale prende un piccolo club e lo riempie di soldi, falsa la competizione». La società è stata rifondata nel 2009, è già risalita in B, vuole oscurare i rivali del più celebre club cittadino, lo storico Lokomotive, per arrivare in cinque anni fra le grandi della Bundesliga. Lo sponsor ha già versato 30 milioni nel vivaio, punta a 20 mila abbonamenti: «Diventeremo la prima squadra dell’Est in grado di sfidare il Bayern o il Borussia», promette il boss Rainer Milkoreit, che è anche numero due della Federcalcio tedesca.

Soldi e rinforzi: dalla Fiorentina sono in arrivo Compper e il croato Rebic, ma la stretta parentela coi campioni d’Austria del Red Bull Salisburgo è la premessa d’altri acquisti a costo quasi zero. «Non capisco queste polemiche — dice Milkoreit —. Senza di noi, l’Est sarebbe ancora la retroguardia del calcio tedesco. Invece d’essere contenti, i nostri tifosi ci attaccano. Alcuni calciatori sono stati perfino minacciati su Internet». E la tradizione? «La tradizione ricomincia appena si torna a vincere». Le contestazioni hanno irritato anche Dietmar Hopp, fra i più ricchi magnati tedeschi, fra i primi a investire nel calcio: «Sveglia — dice —, viviamo nel capitalismo! E il marketing ne è una parte essenziale. Per sopravvivere, lo Schalke 04 s’è fatto dare i soldi dal municipio. Sarebbe quello, il calcio nobile? Pagato con le nostre tasse?».

Francesco Battistini - Corriere della Sera