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Tutte le rivincite del Pek

Per la statura lo chiamano Il Pek, il piccino, ma in campo per come gioca è quasi sempre un gigante. David Pizarro, ovvero della Rivincita. Sarebbe un bel titolo per un …

Redazione VN

Per la statura lo chiamano Il Pek, il piccino, ma in campo per come gioca è quasi sempre un gigante. David Pizarro, ovvero della Rivincita. Sarebbe un bel titolo per un romanzo ottocentesco. La Rivincita contro chi pensa il calcio come corsa e non come poesia, di chi al fisico antepone il genio, la Rivincita di chi fra Baggio e Sacchi starà sempre col primo perché l’emozione non vuole schemi ma fantasia.

David Pizzarro, ovvero della Geometria. Quella che lui disegna sui prati d’Italia con il goniometro del talento. Il suo calcio può essere euclideo o cartesiano ma i suoi lanci son sempre equazioni di primo grado, irrisolvibili dai mediani solo quantità. Quelli convinti che due rette parallele non si incontrino mai se prima non fissano un appuntamento.

David Pizarro, ovvero della Regia. Non uno da effetti speciali come Spielberg, George Lucas o Ibrahimovic. Piuttosto un neorealista alla Rossellini, alla De Sica, capace di raccontare la bellezza del calcio con la semplicità delle sue giocate, potenti per linearità e non per artificio. La forza del calcio pensato. Già messo in scena a Firenze da altri neorealisti del pallone che lo hanno preceduto, come Giancarlo De Sisti o Eraldo Pecci, tanto per fare due nomi.

David Pizarro, ovvero dell’Ingiustizia. Com’altro potremmo definire il fatto d’aver subito 10 ammonizioni con soli 9 falli fatti? Lui, che alla Roma di cartellini gialli ne contava 5 di media a campionato (e con l’Inter solo 1). Per spiegare il doppiopesismo degli arbitri nel giudicare a seconda del colore di maglia, un parametro più che efficace.

E poi: David Pizarro, ovvero del Buonsenso. «La rovina del calcio è il business, troppi soldi — ha detto in un’intervista — Quando avevo 19 anni a Udine guadagnavo duemila euro al mese, ora ai giovani mettono in mano fior di milioni. E poi ci stupiamo se uno si sente come un Dio e perde di vista l’essere ragazzo». Dovrebbero prendere queste parole e incorniciarle nelle camerette dei ragazzi della Primavera, comprese alcune pseudo stelline del passato recente, già implose.

E infine: David Pizarro, ovvero della Necessità. Perchè quattro partite senza di lui hanno mostrato un’altra Fiorentina, comunque ammaliante ma meno algebrica. E oggi col Parma è già partita da dentro o fuori. Ancora dentro il treno dei desideri o fuori. Per questo, per non scendere dai vagoni della buona classifica, c’è bisogno del suo calcio euclideo, delle sue geometrie. Il piccolo regista che può consentire ai viola un sogno grande d’Europa. Anche questa, in fondo, è una suggestione dal sapore d’ottocento.

La Nazione