«Questione di feeling», cantavano Mina e Cocciante nel gennaio del 1986, più o meno nello stesso periodo in cui quattro esagitati entrarono ai campini per cazzottare Aldo Agroppi, allenatore della Fiorentina quarta in classifica, che però teneva in panchina Antognoni. Ecco, lì il feeling proprio non c’era, a dispetto dei risultati. Perché l’empatia tra popolo viola e squadra è sempre stata misteriosa, dovuta a volte a strani scherzi del destino.
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Terim, la C2 e il tuffo di Ddv: quando insieme si fanno punti
«Questione di feeling», cantavano Mina e Cocciante nel gennaio del 1986, più o meno nello stesso periodo in cui quattro esagitati entrarono ai campini per cazzottare Aldo Agroppi, allenatore della …
Prendiamo Terim, allenatore fin troppo rimpianto a Firenze: una rimonta contro la Reggina con gol decisivo al 94’, la corsa verso la Fiesole in giacchetta sotto gli scrosci del temporale e scatta l’amore. Oppure Malesani in bermuda ad Udine al terzo e decisivo gol di Bati. Quasi sempre sono i singoli a determinare il feeling, difficile immaginare il gruppo nel suo insieme. Una rara eccezione fu la «Fiorentina ye-ye» dei tempi dei Beatles che sembrava costruita su misura per quei tempi così pieni di fervori giovanili.
Ai Della Valle è accaduta una cosa strana: più salivano le gerarchie del calcio nazionale ed europeo e meno scattava la scintilla della simpatia. Non è un caso che oggi si ricordino ancora con nostalgia i tempi della C2, quando non c’erano le maglie e la sede era un bilocale allo stadio. E non è un caso che il presidente di allora, Gino Salica, riceva sempre delle grandi pacche sulle spalle ogni volta che si affaccia dalle parti del Franchi. Quell’epoca che assomiglia un po’ all’anno del militare (per chi l’ha fatto) si è sostanzialmente chiusa con una doccia di gruppo a cui partecipò clamorosamente anche Diego Della Valle, che fu scaraventato in acqua da un misterioso giocatore (una scena divenuta quasi mitica e destinata a restare unica a lungo visto che il patron si è molto distaccato dalle vicende viola). Era il 20 giugno 2004 e finiva in pratica in quel giorno di grande festa per la promozione in serie A l’età dell’innocenza. Cominciava l’avventura fra i grandi e lo spirito sbarazzino con cui venne affrontata la prima parte della stagione venne presto sostituito dal preoccupante nervosismo dovuto ad una classifica sempre più precaria.
Era abbastanza empatica la prima Fiorentina di Prandelli e sarà giusto sottolineare come venga sempre accolta con benevola predisposizione d’animo la prima squadra che arriva dopo un disastro. Così è accaduto anche dopo il pessimo campionato 2011/2012, quello in cui all’ultima partita casalinga contro il Cagliari c’erano meno di diecimila spettatori. È vero che Montella e i giocatori scovati da Pradé e Macia ci hanno messo del loro, ma è altrettanto certo che c’era una gran voglia di ricominciare e dunque sarebbe bastato anche qualcosa meno. Adesso invece siamo in una fase di riflusso: Borja Valero non posta più i suoi deliziosi filmati col figlio, Gonzalo Rodriguez strimpella meno la chitarra ed è come il tramonto di un periodo troppo breve per essere chiamato ciclo. Bisognerebbe far girare la ruota dall’altra parte con un diverso atteggiamento verso i tifosi: aprire almeno una volta alla settimana gli allenamenti, andare nei viola club, essere più disponibili. Non è difficile, basterebbe la volontà.
David Guetta - Corriere Fiorentino
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