stampa

Tavecchio, successo e lacrime «Sarò il presidente di tutti»

Ha gli occhi lucidi e la guance rosse, mentre nel gran salone dei Cesari dell’hotel Hilton, davanti all’aeroporto di Fiumicino, i delegati che lo hanno votato sono in piedi e …

Redazione VN

Ha gli occhi lucidi e la guance rosse, mentre nel gran salone dei Cesari dell’hotel Hilton, davanti all’aeroporto di Fiumicino, i delegati che lo hanno votato sono in piedi e si spellano le mani. «Sarò il presidente di tutti», dice con la voce rotta dall’emozione Carlo Tavecchio, il nuovo capo del calcio, più forte dello scetticismo che lo circonda, delle critiche aspre che ha ricevuto nelle ultime settimane, dell’opinione pubblica indignata e furiosa. Preso di mira sui social e contestato dalla base (i calciatori), Tavecchio sembra invecchiato dieci anni nell’ultimo mese.

Due profondi respironi anticipano le prime parole da presidente del ragioniere di Ponte Lambro, alla fine di una giornata caldissima e eterna, dopo tre votazioni in cui, come previsto, è sempre stato in vantaggio. I suoi grandi elettori, Lotito e Galliani, con l’aiuto di Macalli, lo hanno pilotato bene. E ora Tavecchio con il 63,63 dei voti, è il re di una Federazione che, almeno negli uomini, si chiude a riccio e rifiuta il rinnovamento. «Ho tratto molti insegnamenti da quanto è successo nelle ultime settimane». Ha capito che bisogna misurare le uscite e evitare le trappole mediatiche. «Sono un tipo ruvido, senza glamour e con le parole non mi trovo a mio agio», cerca di giustificarsi dopo troppi scivoloni, alcuni gravi, altri inammissibili. Per questo, uno volta scalata la montagna, boicotta la classica conferenza stampa del vincitore. «In un mondo che dà più importanza alle parole che ai pensieri e in cui conta più l’apparenza che la sostanza, preferisco concentrarmi sul lavoro». Prima i fatti, poi le parole. «Il 18 saprete tutto, la mia squadra e anche il ct». Una settimana di tempo, ma il tempo stringe e da questa mattina il nuovo presidente si impossesserà della scrivania che è stata di Giancarlo Abete. Il passaggio di consegne è il momento più commovente. Piange l’uno e piange l’altro, mentre la sala, stavolta unita, riserva al presidente uscente l’applauso più sincero e convinto della giornata.

Tavecchio abbraccia il suo predecessore, stringe mani, saluta Vicini, sballottato nel clima di festa. «Ha vinto la democrazia», si lascia sfuggire prima di ringraziare chi lo ha sostenuto e poi difeso. «Non esistono uomini della provvidenza, però esiste la cultura del lavoro e da questo palco invito tutte le componenti ad abbandonare le divisioni e a lavorare per il bene comune». Tavecchio sarà in via Allegri questa mattina alle 8. Ha declinato l’invito dell’amico Macalli, presidente della Lega Pro, che lo aveva invitato a Firenze per la compilazione dei calendari. «Lo capisco, ha tanto da fare». Soprattutto un c.t. da trovare per la nazionale, da tanti, troppi giorni, senza un padrone. E poi scegliere la squadra per dare il via alle riforme.

«Ci saranno delle sorprese» assicura Giovanni Malagò che, dicono i bene informati, è contento di aver evitato il commissariamento. Le sorprese a cui fa riferimento il capo del Coni saranno nella governance. I vice presidenti federali, tanto per cominciare, non saranno quelli a cui aveva pensato Tavecchio in prima battuta, vale a dire Macalli e Lotito. Meglio puntare, per ragioni di opportunità, su Beretta e Abodi, rispettivamente presidenti della Lega di A e di B. Lotito, da molti considerato il presidente ombra e senza alcun dubbio la guida di Tavecchio in questo momento, potrebbe diventare il responsabile del Club Italia e la cosa non andrebbe a genio agli oppositori. «Sarebbe un po’ come se io, che sono editore di La7, volessi controllare anche la Rai. Semplicemente non si può fare», racconta con chiarezza Urbano Cairo, presidente del Torino, in linea con Juventus, Roma e Fiorentina.

Tavecchio proverà a superare le mille difficoltà che accompagnano il suo mandato. Il direttore generale sarà Michele Uva della Coni servizi. E subito saranno create tre commissioni: una per studiare le riforme, una per combattere il razzismo (coinvolgendo anche Fiona May), l’ultima per migliorare i rapporti con i media. Il 18, giorno del primo vero Consiglio federale, Tavecchio svelerà tutto. Ma fuori da via Allegri resta forte la sensazione che il calcio abbia perso una clamorosa occasione per rinnovarsi.

Alessandro Bocci - Corriere della Sera