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Steadman: “Rossi paziente ideale”

“Io garanzia di successo. Rossi? Preferisco la riabilitazione” (COMMENTA)

Redazione VN

Anche Giuseppe Rossi, per bussare all’ufficio del luminare delle ginocchia, ha dovuto percorrere un lungo corridoio al primo piano dello Steadman Philippon Research Institute, la clinica moderna ed elegante, da dove sono ripartite le carriere di decine di campioni di tutti gli sport. Con una certa precisione, qui ti dicono anche quanti: 26 calciatori, 45 giocatori di football (Nfl), 23 di baseball (Mlb), 8 di basket (Nba) e 26 sciatori di Coppa. Tutti arrivati fino a questa stazione sciistica per ricchi con la stessa speranza: farsi riparare legamenti spezzati o sfilacciati dal guru della specialità, il dottor Richard Steadman, e tornare al top.

Maglie Appesi alle pareti del corridoio ci sono i loro ringraziamenti: due file interminabili di maglie con dedica. Ruud Van Nistelrooy, sulla sua del Manchester United, ha scritto: «A Steady, per avermi restituito il mio sogno». C’è anche la numero 10 di Del Piero, che nel 1999 transitò da Vail con il cuore gonfio per la paura di dover smettere di giocare. Su quella casacca incorniciata espresse la sua profonda gratitudine: «A Steadman, top scorer del mio ginocchio». Ora quel cuore gonfio di paura ce l’ha Pepito. Steadman lo ha già fatto risorgere una volta, con un’operazione decisiva nell’ottobre del 2012, quando gli ricucì il legamento crociato, dopo due interventi, non eseguiti da lui, finiti male. Un recupero miracoloso, a suon di gol. Ora, il nuovo viaggio verso Vail, che Giuseppe ha interrotto in New Jersey per una notte a casa con mamma Cleo, ha i contorni di un’altra via crucis. Visita iniziata alle 23 italiane: Steadman aveva avuto un’altra emergenza e l’aereo di Rossi era in ritardo per neve. 

Paziente ideale Steadman, un ex giocatore di football, con la sua voce roca e rassicurante avverte subito che di lui non potrà parlare per motivi di privacy. Su Giuseppe, però, dice una cosa molto bella: «Non sapevo chi fosse quando è arrivato la prima volta: è stato un paziente ideale. Non ha mai cercato di prendere scorciatoie e affrettare i tempi. Ha sempre seguito tutto ciò che gli ho chiesto e ha avuto ottimi risultati». E ora? Senza parlare del caso specifico spiega con chiarezza le tempistiche di ripresa da un infortunio come il suo, la lesione di 2° grado del collaterale: «Di fronte a questa situazione, tendo a non operare. Preferisco la riabilitazione per rinforzare i muscoli della gamba. In alcuni casi, però, quel legamento finisce sotto delle fibre muscolari e allora bisogna intervenire. Nei due casi meno seri, il recupero è 2-6 settimane o tre mesi. Mentre in quello più grave, quando il legamento è totalmente staccato, è necessaria l’operazione e i tempi si allungano fino a 6-12 mesi». Ma un infortunio del genere può essere provocato da un calcione (Rinaudo)? «Succede di rado. Diciamo che la botta provoca il movimento innaturale».

Motto Il suo ufficio è un caos: regali dei suoi devoti pazienti sparsi ovunque. Spicca un motto, naturalmente autodedicato: «La confusione è tipica dei geni». Perché Steadman non ha problemi a definirsi «numero uno»: «Se no perché verrebbero fino a Vail da tutto il mondo. Ho una lunga esperienza in questo tipo di casistiche, ho la competenza e diciamolo anche un certo successo. Le mie operazioni vanno sempre a buon fine. O meglio, non sempre, ma con una altissima percentuale di riuscita». Ti mette a tuo agio parlandoti di Del Piero e gli altri pazienti italiani, che dice di adorare, ma preferisce non menzionare (Gallinari, Berti, Ganz e molti altri) per i soliti motivi di privacy: «Alex venne qui con tutti i legamenti rotti. Era una situazione complessa. Gli demmo un programma da seguire e lo rispettò alla lettera. Un vero professionista, uno dei motivi per cui ha avuto una lunga carriera». Aggiunge: «Voi italiani siete particolarmente motivati». Ora un altro azzurro proverà l’ennesima rimonta: Pepito ha percorso il corridoio della speranza nel primo pomeriggio di ieri, mentre fuori, in un paesaggio surreale, si scatenava una fitta nevicata.

La Gazzetta dello Sport