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Stadio, viola, politica la disfida di Firenze tra Diego e Matteo

Salvini “incorona” Della Valle nuovo leader. Nello scontro con Renzi è in gioco il destino della squadra

Redazione VN

Forse non sono mai stati davvero amici ma di sicuro rischiano di diventare veri nemici. Diego Della Valle e Matteo Renzi sempre più lontani. Prima le feroci critiche in diretta tv del patron della Tod’s al premier in ascesa, ora la prospettiva di un suo diretto impegno in politica dalla parte opposta a quella del governo, nello schieramento che unisce Salvini, Berlusconi e Fratelli d’Italia. Sarebbe una clamorosa presa di posizione, la disfida di Firenze, una scelta di campo contro l’ex sindaco della città in cui il nome dei Della Valle è legato alla Fiorentina e alla prospettiva della creazione del nuovo stadio a Novoli, un sogno evocato dalla “nuvola” disegnata da Fuksas che fino a poco tempo fa Diego e Matteo sembravano condividere.

Sembra passato un secolo da quando i due si facevano fotografare mentre passeggiavano a braccetto di fronte a Palazzo Vecchio o pranzavano insieme nell’ufficio di Della Valle a Milano. Durante le primarie Pd del 2012, quelle vinte da Bersani, Diego si era schierato pubblicamente a sostegno del sindaco. Fino ad arrivare a consolarlo con un sms inviato dall’estero il giorno dopo la sconfitta mentre Renzi correva sulla pista degli Assi per sfogare la rabbia. Succedeva appena tre anni fa ma oggi tutto è cambiato. «Matteo soffre di bulimia per il potere, Mattarella dovrebbe mandarlo a casa, non ha l’esperienza necessaria per guidare un paese con problemi molto più grandi di lui», dice in estate Della Valle. E adesso che il capo della Lega nord lo tira per la giacca, rimettendolo al centro dell’attenzione, magari potrebbe essere tentato seriamente dall’idea di contrastare Renzi sul suo stesso terreno.

C’eravamo tanto amati, sono le storie che finiscono peggio. La rottura con Matteo supera persino quella consumata a suo tempo con Prandelli, un’altra passione fiorentina di Della Valle andata in frantumi. C’è chi dice che l’imprenditore marchigiano non perdoni al premier la “liason amorosa” con Sergio Marchionne. Oltre a non sentirsi più un consigliere privilegiato soffrirebbe pure di gelosia, insomma. C’è di mezzo un tradimento, un patto violato, una relazione interrotta. Mentre lui attaccava gli eredi di Agnelli, Matteo esaltava il loro manager «senza se e senza ma». Più chiaro di così. Ma se il palcoscenico della contesa è nazionale il vero campo su cui si gioca lo scontro non può che essere Firenze. Del resto il calcio in Italia è da sempre la controfaccia del paese e funziona come una macchina del consenso. Gli ingredienti non mancano. La squadra capolista, un presidente del Consiglio tifosissimo, i Della Valle padroni della società. E ora Diego, che a Firenze si fa molto desiderare, con un piede in politica. Andrea, il presidente, sembrava perfettamente a suo agio seduto al Franchi accanto a Renzi alla partita col Frosinone. Hanno esultato insieme ma chissà che non si siano anche detti qualcosa sul potente fratello.

I successi della Fiorentina dovrebbero far tutti felici eppure pare che circoli parecchia preoccupazione negli ambienti dell’équipe Viola. Questa storia di Diego che si intruppa tra i big del rinascente centrodestra agita gli animi. Utilizzerà la squadra come una pedina della competizione, mischiando i due fronti, rendendola più forte come fece Berlusconi col Milan? I tifosi, al di là delle preferenze di voto, si rallegrerebbero se diventasse un superteam internazionale. Nardella però nell’incertezza della situazione sta un po’ stretto, è lui che rischia di fare le spese di questa possibile guerra con il progetto del nuovo stadio alla Mercafir che sta andando avanti, gli operatori del mercato che devono scegliere la collocazione della struttura, interessi economici in ballo, un piano da costruire. Il rapporto amore/odio e poi solo odio tra Della Valle e il premier non aiuta certo a dare stabilità all’idea di una cittadella viola che in qualche modo porterebbe una firma renziana.

Il sindaco sa bene quanto gli umori possano influire sul futuro sviluppo urbanistico, Diego e Matteo alleati avrebbero rappresentato un bel collante ma pensarli domani in lotta tra loro nella gara elettorale cambierebbe radicalmente lo scenario. «Macché, non c’è niente di vero», assicura l’ufficio stampa di Della Valle. «Leggiamo anche noi sui giornali queste indiscrezioni prive di fondamento». Sarà. Però Salvini lo fa capire che Diego avrebbe il perfetto physique du role per diventare il nuovo leader del centrodestra. E se finisse davvero così la partita della politica non si giocherebbe a Roma ma direttamente al Franchi.

la Repubblica