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Stadi in Italia: quasi una missione impossibile

In Inghilterra per ammodernare gli stadi hanno investito poco meno di quattro miliardi di euro (3,8 per la precisione). In Italia gli unici quattrini li ha spesi la Juve (125 …

Redazione VN

In Inghilterra per ammodernare gli stadi hanno investito poco meno di quattro miliardi di euro (3,8 per la precisione). In Italia gli unici quattrini li ha spesi la Juve (125 milioni) e Massimo Cellino che, comunque, a Is Arenas è «in affitto». In questo dato c’è il gap che separa il calcio italiano dalla Premier (e non solo dalla Premier visto che Oltre-Manica lo stadio lo hanno costruito i club di Championship e diverse società della terza e quarta divisione). L’annuncio della Roma è un sasso nello stagno: un impianto di proprietà a Tor di Valle che potrebbe aprire i battenti nella stagione 2016-2017. Più che una impresa, una vera e propria scommessa per le lungaggini burocratiche e le complicazioni di un territorio con problemi idrogeologici di non poco conto. Ma la strada indicata da James Pallotta è quella auspicata da tutti: un ammodernamento degli impianti visto che i nostri sono i più vecchi (e in diversi casi anche i più fatiscenti) d’Europa. La serie A è ancora uno dei più grandi campionati del continente, ma fatica a reggere il passo del trio di testa (Premier, Bundesliga e Liga, nonostante problemi economici che la condannano in una condizione pre-fallimentare).

NUMERI -

I dati sono decisamente poco confortanti. Uno su tutti, segnalato da Gianfranco Teotino e Michele Uva nel libro edito da Arel-Il Mulino, “Il calcio ai tempi dello Spread”: fra i grandi tornei continentali la A è l’unico che ha perso spettatori, parecchi per giunta, un taglio del venti per cento nel giro di quindici anni. E mentre l’Italia svuotava gli stadi, Inghilterra e, soprattutto, Germania li riempivano. Quello tedesco è un esempio decisamente significativo, che spiega con chiarezza l’incidenza che sui successi di un club può avere la proprietà di uno stadio. In questo momento la Bundesliga è il campionato con l’affluenza-media a partita più alta d’Europa (42.665 spettatori); nel mondo solo un altro campionato di football (in questo caso americano) riempie gli impianti più massicciamente: nella Nfl la media è di quasi 67 mila spettatori a gara. Tedesca è la squadra che fa registrate il record continentale di riempimento: il Bayern con un tondo cento per cento. Il decollo sull’onda del Mondiale del 2006 quando per costruire gli stadi che ospitarono il torneo vennero investiti 1,4 miliardi di euro che sono diventati quasi due negli anni successivi visto che a quella cifra «di partenza» si siono aggiunti altri cinquecento milioni. Eppure, chi non è stato con le mani in mano come la Juventus adesso comincia a godere di notevoli benefici.

INCREMENTI -

Perché oggi il club di Andrea Agnelli può solo essere soddisfatto dei risultati ottenuti radendo al suolo il vecchio Delle Alpi e costruendo al suo posto il nuovo Juventus Stadium. Nell’ultima stagione all’Olimpico, la squadra bianconera aveva fatto segnare una affluenza media di poco meno di 22 mila spettatori; la prima stagione nel nuovo impianto ha fatto impennare il dato: 37.545, con un incremento del 70,9 per cento. Ma l’aumento è stato ancora più rilevante dal punto di vista dei ricavi cresciuti del 174,1 per cento con una incidenza sul fatturato del 15 per cento (nell’ultima stagione all’Olimpico era stato dell’8). Lo stadio rende tanto è vero che il presidente della Lega, Maurizio Beretta, ha recentemente sostenuto che «il deficit che noi accumuliamo sarebbe ridotto a zero se avessimo degli stadi di proprietà”» Una cosa è certa: l’ultimo report della Deloitte dice chiaramente che a parte il Napoli (una incidenza del 19 per cento dei ricavi da stadio sul fatturato, in linea con club come Borussia Dortmund, poco meno del Bayern, più di Manchester City e Marsiglia), le nostre squadre al botteghino occupano le ultime posizioni (insieme al Lione). Lo stadio fa impennare gli incassi: l’Arsenal che con l’Emirates si finanzia per un buon 41 per cento, ha più che raddoppiato i suoi ricavi (111 per cento); il Grenoble ha fatto meglio: 228 per cento. Perché la realtà è quella illustrata dall’amministratore delegato della Roma, Claudio Fenucci: la società giallorossa nel 2003-2004 aveva al botteghino più o meno gli stessi introiti del Barcellona; ora i blaugrana incassano 110,7 milioni mentre la Roma è crollata a 17,6 milioni.