Ecco un sunto dell'intervista a Giuseppe Rossi che trovate oggi su La Gazzetta dello Sport.
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Rossi: “Sogno lo scudetto con i viola”
“Voglio la perfezione e giocare con Jo-Jo, ma non ho fretta” (COMMENTA)
Sdraiato sul lettino butta un occhio alla Gazzetta di giovedì: «Jo-Juvetic, che intrigo». Sorride: «Quando uno ricomincia a fare gol iniziano subito discorsi così. Certo che vorrei giocare con lui. È un fuoriclasse».
Anche lei è cresciuto tifoso rossonero.
«Ebbene sì. Ma quando il calcio diventa professione smetti di essere uno sfegatato. La domenica mattina alle 9 con papà guardavo il Milan di Van Basten e Gullit. Un po' di simpatia mi è rimasta».
Ma qualche anno fa, Galliani disse: «Rossi non è giocatore da Milan».
«L'ho sentita quella. Ma sul mio conto ne hanno dette tante. Perché non si sono fatte avanti società importanti? Quando subisci un infortunio come il mio è difficile rientrare nei progetti di chi ha ambizioni di successo immediato: vogliono gente pronta».
E allora è arrivata la Fiorentina.
«Che mi ha richiesto con decisione e ha dimostrato di credere in me nel momento più difficile. Sono cose che vanno dritte al cuore. E poi Montella fa un gioco molto "spagnolo", che si adatta bene alle mie caratteristiche».
E ritroverà anche due vecchi compagni. Non è incredibile che nessuna grande si sia accorto di Borja Valero?
«Perché nel calcio molti vedono solo quelli di 1,90 per 80 chili. E invece ci sono tanti giocatori dal fisico normale che hanno un'intelligenza tattica sopraffina e sanno già come muoversi prima che la palla gli arrivi fra i piedi. Borja è uno di questi».
La Fiorentina può aspirare un giorno a vincere lo scudetto?
«Secondo me, sì. La Serie A non è la Liga, dove dominano Real e Barcellona. In Italia c'è più equilibrio. Squadre come la Fiore, la Roma, la Lazio o il Napoli possono farcela».
Chi prende Rossi che cosa guadagna?
«Sono uno che vuole sempre vincere. È un chiodo fisso. Non penso ai soldi o alla bella vita, mi piacerebbe vincere qualcosa, perché è da quello che si giudica un giocatore».
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E le persone da cui ha imparato di più?
«Giggs e Scholes: gente tosta. In allenamento curano i dettagli in modo ossessivo. E, poi, Ferguson. Fuori dal campo ti tratta come un gioiello di famiglia. Dentro ti dice le cose in faccia, anche a muso duro. Ma tutti lo rispettano e lo seguono, perché ti fa vincere».
Come mai lasciò Manchester?
«Perché Queiroz, che dirigeva gli allenamenti, non mi vedeva. Quando arrivarono Nani e Anderson, Ferguson fu molto onesto: "Non troverai lo spazio che vorresti"».
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Massimo Lopes Pegna - La Gazzetta dello Sport
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