Fino a poco tempo fa i suoi detrattori dicevano che il suo limite era di tipo caratteriale: sarebbe troppo bello e benestante per avere fame di calcio. Una sorta di «principino sul pisello» dell’antica storia. Più agi che sofferenza. Elegante a vedersi, bel fisico, biondo, poi con quel numero dieci sulle spalle, ma incostante. Ma quanti ricordi per i fiorentini, quanta voglia di vedere rinascere il passato. Il ragazzo gioca bene, cantavano, come era successo per Antognoni, per Baggio, anche per Flachi. Ma pochi pensavano che dentro quel ragazzo benedetto da Dio ci potesse essere un gladiatore. Pochi? Almeno uno, Paulo Sousa.
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Rialti scrive: “Metamorfosi Bernardeschi”
Sousa ha trasformato il principino in un operaio specializzato. E così la Fiorentina vola
IL PRINCIPINO. Il portoghese quando si mette in testa una cosa è capace di andare avanti anche davanti alle difficoltà più evidenti. Bernardeschi era già bravo così, la B2 con Babacar, la Under 21 da leader, ma a Sousa non bastava. Leggeva nel ragazzo possibilità superiori. Un grande fisico e una capacità aereobica da fondista. E poi ne aveva bisogno sulle fasce. Con Cuadrado alla Juve, Salah alla Roma, con Joaquin oramai lontano, con Gilberto e «Kuba» ancora lontani da un rendimento massimale, il portoghese aveva la necessità di inventarsi qualcosa. Non solo come esterno offensivo, come giocatore a tutto campo. Un po’ come stava facendo Alonso, un po’ come stava trasformando Rebic. Ma con un «quid» in più di qualità. L’esterno perfetto, uno che sappia attaccare come una punta, capace di far male, ma pure con la forza di tornare, contrastare, dialogare con i difensori. Un...martello pneumatico, qualcuno ha fatto addirittura il nome di Domenghini. Ma il «principino» è qualcosa di ancora diverso. E’ una spugna, che ascolta surrurri e grida di Sousa e li mette in pratica. Ha rovesciato il giudizio della gente, ma quale principino, lui se è necessario faceva pure il manovale.
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L'articolo integrale di Alessandro Rialti in edicola con Il Corriere dello Sport-Stadio
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