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Repubblica: il doppio Sousa, orgoglio in campo e dubbi in sala stampa

Il tecnico a due volti lancia messaggi in queste settimane decisive per il suo futuro: ora spunta anche la Roma

Redazione VN

L'edizione odierna de la Repubblica Firenze si concentra sulla figura di Paulo Sousa. Vi proponiamo un estratto dell'articolo:

"È come se Paulo Sousa giocasse un finale di stagione tutto suo, in cui gli interessi personali (trovare una nuova squadra, adesso si parla della Roma) fossero prevalenti rispetto a quelli della Fiorentina. Un allenatore double face, che da una parte tira fuori l’orgoglio, e dall’altra ti sbatte in faccia tutto il suo realismo.

A Genova, contro la Samp, si è agitato per tutta la partita, ha incitato la squadra, le ha dato coraggio con i cambi e dopo il pareggio di Babacar è andato a prendere i suoi giocatori che festeggiavano (perdendo tempo) e li ha spinti in campo. Carattere, appunto. Poi, però, si è lasciato andare a quella velatura di rabbia che si porta dietro da quando è arrivato a Firenze. I Della Valle non gli piacciono, e tantomeno Cognigni. E non gli piace il modello di squadra che hanno messo in piedi. «Questa non è la mia squadra, io la alleno e basta » ha detto ad un giornalista dopo la partita con la Samp. Vero. Ma la sensazione è che questa ammissione sia in realtà un modo per lavarsi le mani. Per far capire che con questo gruppo andare in Europa è un’impresa. E se ce la fa, i meriti sono suoi. Ma se non ci riesce è colpa della società che non ha investito.

Diciamo che eticamente è un comportamento discutibile, anche se ha un fondo di verità. Il mercato di quest’anno, lo sanno tutti, lo hanno deciso Cognigni, Ramadani e Corvino. Sousa ha preso quello che gli hanno dato, ma non è mai stato soddisfatto. Però poteva andarsene, mollare tutto e rinunciare a soldi e panchina. Invece è rimasto, e adesso gioca con le frasi ad effetto per far rimbalzare le responsabilità.

«Non siamo una squadra per rincorrere l’Europa», ha detto ancora dopo il pareggio di Genova. E anche questo è vero solo in parte, perché l’Atalanta non ha certo una rosa migliore della Fiorentina. Come non è del tutto vero che, sono ancora parole sue, «non c’è la necessità di stare in Europa». C’è eccome, e lui dovrebbe essere il primo a spingere sulle motivazioni del gruppo per provare a centrare l’obiettivo. Perché altrimenti, se come dice Sousa «non c’è la necessità », un giocatore può anche pensare che la stagione sia finita qui e che non vale la pena correre e sbattersi per novanta minuti. Psicologia spicciola".