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Quei colpi di magia del ragazzo americano (e un sogno in testa)

Stadio di Pescara, 19 maggio 2013, ore 23 circa: lo spogliatoio viola ondeggia pericolosamente tra la depressione e voglia di sfoghi a rischio squalifica. Il Milan ha appena scippato il …

Redazione VN

Stadio di Pescara, 19 maggio 2013, ore 23 circa: lo spogliatoio viola ondeggia pericolosamente tra la depressione e voglia di sfoghi a rischio squalifica. Il Milan ha appena scippato il terzo posto ed i sorrisi sono davvero fuori luogo. Per questo motivo Pepito Rossi è felice, ma fortemente imbarazzato: ha appena assaporato la gioia del rientro, adesso sa di essere nuovamente in giocatore di calcio. E non importa se i suoi 26 minuti sono stati poco più di un allenamento, tutti aspettavano lui, il gol era un dettaglio.

La rincorsa di Pepito verso il Mondiale comincia quella sera, poi è anche arrivato l'amore per e con Firenze, ma staccare il biglietto per il Brasile è sempre stato il suo chiodo fisso, soprattutto nei giorni amari e lunghissimi della riabilitazione spagnola e americana. Quando comincia la nuova stagione, i sentimenti verso Rossi sono duplici: da un lato si ammirano le giocate davvero da talento puro, dall'altro si teme per ogni contrasto troppo violento, per ogni caduta. A Moena un volonteroso giocatore cipriota gli rifila da dietro una poderosa pedata che lo fa volare a terra e lui quasi ringrazia, perché capisce che l'incubo è finito, che può tornare quello di prima.

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